In piazza santo Stefano, accanto all'omonima, grandiosa, basilica (ove trovò la morte il duca Galeazzo Maria Sforza) sorge la più piccola chiesa di san Bernardino alle ossa.
Edificata a partire dalla metà del 1200, quale cappella contigua ad una camera di sepoltura dell'adiacente cimitero ed ospedale, la chiesa venne poi ampliata nel '600 ed infine nel '700, quando assunse l'aspetto attuale.
Nel corso del quindicesimo secolo l'edificio fu utilizzato per le proprie riunioni dalla confraternita dei Disciplini, che si dedicava al culto dei morti e all'espiazione dei peccati da raggiungersi attraverso l'autoflagellazione e la mortificazione della carne.
dedicata
al culto dei morti e all'espiazione dei
peccati da raggiungersi attraverso l'autoflagellazione e la
mortificazione della carne. - See more at:
http://webedintorni-001-site1.smarterasp.net/it/racconta-il-tuo-barocco/marco-ranica.aspx#sthash.pxt8RdS1.dpuf
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Oggi la chiesa è famosa per l'attigua cappella, alquanto macabra: le sue pareti sono infatti ricoperte interamente di ossa umane, disposte secondo un disegno ornamentale (ossa provenienti dai cimiteri di zona soppressi).
Ciò che della chiesa di San Bernardino è meno conosciuto, invece, è la cripta ipogea che si trova proprio al centro della chiesa, alla quale si accede mediante una botola sul pavimento e dieci scalini.
Botola di accesso alla cripta |
Al suo interno, venivano posti i corpi dei fratelli della confraternita dei Disciplini passati a miglior vita, affinché si realizzasse il disfacimento delle carni, secondo un sistema molto in uso nel sud Italia.
La cripta è infatti un esempio (raro nell'Italia settentrionale) di colatoio a seduta (o putridarium).
La cripta presenta lungo le pareti una serie di 21 nicchie provviste di sedili in
muratura, ciascuno dotato di un foro centrale. Il cadavere del
defunto era collocato in posizione seduta in modo da far confluire i
liquami prodotti dalla putrefazione direttamente all’interno del foro,
collegato ad una canaletta di scolo.
Una volta terminato il processo di scolatura, e che la decomposizione avesse fatto il proprio corso
lasciando le ossa libere dalla parte putrescibile, i resti scheletrici erano spostati nell’ossario, mentre il cranio,
simbolo dell’individualità del defunto, era posizionato su apposite mensole. Nella cripta è visibile anche un semplice altare in muratura, che testimonia come
occasionalmente vi fossero celebrate funzioni religiose.
La progressiva scheletrizzazione, ottenuta con il
metodo della scolatura, era il frutto di una comune concezione della
morte che aveva come obiettivo di risolvere il momento incerto del
cambiamento, quella fase liminale tanto temuta dai viventi in cui il
corpo del defunto subiva una trasformazione irreversibile. Il processo
era lungo, poteva attraversare diversi stadi in cui il corpo era
sottoposto a successive fasi di colatura.
Una volta privato della parte putrescibile, il defunto era stabilizzato e per così dire neutralizzato.
Una volta privato della parte putrescibile, il defunto era stabilizzato e per così dire neutralizzato.
Mauro Colombo
ottobre 2015
maurocolombomilano@virgilio.it
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