Fino a quando i bombardamenti anglomamericani non ne fecero scempio, e la ricostruzione postbellica decise che era più pratico demolire tutto e ricostruire, all'altezza dei numeri 76, 78 e 80 di corso di Porta Romana (di fronte al teatro Carcano, per intenderci, quindi alla Crocetta) si elevava maestoso palazzo Pertusati.
Fatto costruire dal bibliofilo conte Carlo Pertusati (1674-1755) membro e poi presidente del Senato milanese, era famoso in città per il giardino retrostante. Un vero paradiso in terra!
Il delizioso e vasto luogo si estendeva fino all'attuale piazza cardinal Ferrari. Era ricco di vegetazione, serre e vialetti per liete passeggiate, del padrone di casa e dei suoi illustri ospiti.
Era però conosciutissimo anche per una ragione un po' curiosa: in questo giardino amava riunirsi il gruppo milanese dell'Accademia dell'Arcadia, fondato nel 1704. I membri del gruppo letterario, abbigliati come pastorelli, qui recitavano i versi da loro composti.
Nel 1735, il Latuada lo incluse nella sua celebre Descrizione di Milano (leggi qui), riservandogli parole di elogio e una incisione.
Nel 1735, il Latuada lo incluse nella sua celebre Descrizione di Milano (leggi qui), riservandogli parole di elogio e una incisione.
Nell'Ottocento il giardino fu ancora meta prediletta per i ricevimenti mondani dei Pertusati, e mantenne questo ruolo centrale fino al Novecento, quando iniziò a cedere spazio a nuove costruzioni, che tuttavia cercarono inizialmente (con la prima opera dell'architetto De Finetti) di preservarne le caratteristiche storiche.
Come detto all'inizio, gli eredi Pertusati, negli anni Cinquanta decisero (fu più conveniente in termini di resa volumetrica?) di ricostruire ex novo sull'area dell'avito palazzo danneggiato, anzichè pensare ad un restauro, sebbene importante.
Sorsero così le costruzioni firmate da Ignazio Gardella, Ferrieri e Menghi. Sul complesso dei nuovi edifici su tutti spicca quello più interno (n.76/2) che fu progettato da Minoletti.
Ecco il perchè degli edifici moderni che vediamo oggi sul corso.
Sorsero così le costruzioni firmate da Ignazio Gardella, Ferrieri e Menghi. Sul complesso dei nuovi edifici su tutti spicca quello più interno (n.76/2) che fu progettato da Minoletti.
Ecco il perchè degli edifici moderni che vediamo oggi sul corso.
Per quanto concerne il mitico giardino d'Arcadia, oggi ne restano piccole tracce. Per vederne gli alberi superstiti, provate ad imboccare, dalla piazza Ferrari, la corta e senza uscita via Marchiondi: alla fine di questa, un grosso cancello permette di vedere ancora una porzione dell'antico paradiso in terra.
mauro colombo
maggio 2015