lunedì 13 ottobre 2014

piazza Vetra




Quella che oggi è ufficialmente piazza della Vetra, era in origine uno slargo appena fuori le mura romane, delimitato dalla chiesa di S.Lorenzo e il canale detto Vepra, che altro non era se non un braccio dell'Olona.  Nello slargo, la Vepra incontrava i fiumi Seveso e Nirone che provenivano da nord, i quali poi andavano  a formare la Vettabbia.
Dopo l'allargamento del circuito murario voluto in questa parte della città dall'imperatore Massimiano (leggi l'articolo dedicato), le acque furono deviate per costituire il fossato difensivo.
Con la successiva costruzione delle mura medievali, la piazza venne, verso sud, delimitata da queste e dal nuovo fossato. Abbattute le mura, lo slargo finì con l'essere su questo lato delimitato dallo scorrere placido del naviglio interno, il tratto detto del Molino delle Armi.

Fin dall'anno mille in avanti questo "campo" circondato da abitazioni popolari  fu eletto quale luogo per i supplizi che precedevano o costituivano la pena capitale. Le cronache cittadine parlano sempre della "Vedra" quando narrano di roghi di streghe, di impalamenti di eretici, di torture indicibili per i criminali, fino alle più recenti impiccagioni di ladri e assasini. (si veda qui la terribile fine del barbiere Mora, accusato di essere untore nel 1630).
Nella mappa settecentesca si noti come sul prato della Vedra è indicato uno spazio dedicato al patibolo.
Qui venne innalzata (e ancora oggi la possiamo ammirare) una delle tante croci stazionali sorte in tempo di peste: per l'esattezza quella dedicata a san Lazzaro. 


Solo agli inizi dell'Ottocento il luogo venne ricondotto ad un aspetto più cittadino: si provvide innanzitutto a selciarlo, e anche gli edifici vennero progettati per donargli una forma più regolare.
Sulla piazza iniziarono a trovare posto alcune bancarelle di venditori, come notiamo in questo dipinto del 1833, cui segue una mappa della stessa epoca.






Nel 1860 nacque il famoso mercato coperto, per frutta e verdura, realizzato in ferro e ghisa da Enrico Terzaghi.
Nel settembre 1866 venne inaugurato un secondo mercato, dedicato alla vendita di latticini.
Ecco una mappa del 1883.










Con l'unità d'Italia la Vetra guadagnò estensione,  inglobando il ponte della vetra e la contrada del mercato, e assunse finalmente  il toponimo di "piazza" (1865).
Nonostante queste migliorie, rimaneva una zona frequentata da povera gente, molto spesso, per miseria o per inclinazione, dedita a reati più o meno gravi. Qui si trovavano i ladri e gli sfruttatori della prostituzione, oltre a lavoratori che, benchè onesti, ammorbavano l'aria con la loro occupazione: si trattava dei "vetraschi" (riuniti nell'omonimo vicolo, ora scomparso), cioè dei conciatori di pelli. Sfruttavano le acque della Vepra per lavare e ammorbidire le pelli degli animali, che poi raschiavano con cocci di vetro e stendevano infine al sole per l'asciugatura.
La povertà del quartiere e la miseria delle case favorivano l'analfabetismo e le malattie tipiche della denutrizione.









I primi risanamenti si ebbero con il Novecento, tant'è che il lato nord, nel 1935, venne prescelto, dopo le dovute demolizioni di caseggiati e catapecchie, per la costruzione dell'imponente istituto tecnico per ragionieri e geometri, dedicato a Carlo Cattaneo (sulla destra nella foto del 1940).





I bombardamenti angloamericani sconvolsero pesantemente la zona, che con il piano regolatore postbellico del 1953 fu definitivamente snaturata  in un batter d'occhio con il classico colpo di spugna, come accadde ad un altro povero ma antichissimo quartiere: il Bottonuto (leggi qui).


Nel 1959, comunque, la situazione era ancora deprimente: interi blocchi di caseggiati si trovavano allo stato di rudere bombardato:


Dagli anni Sessanta, furono infine demoliti interi caseggiati (molti pericolanti) e cancellate purtroppo vie antichissime (vicolo dei Vetraschi, la parte terminale della via Pioppette, ecc) e l'intera piazza fu vincolata a verde pubblico.
Il colpo di grazia fu dato con la costruzione del palazzo del Reggiori, inizialmente progettato per l'esattoria comunale (nella seguente foto, è il palazzo porticato in alto sulla destra, di color ocra), peraltro tristemente famosa per l'assalto tentato dal bandito Vallanzasca.




Mauro Colombo
ottobre 2014
ultima modifica: marzo 2018
maurocolombomilano@virgilio.it