L'Italia entrò in guerra, a conflitto mondiale già iniziato, solo il 24 maggio del 1915, sulla spinta di quel movimento Interventista che portò il governo Salandra a stipulare prima il patto di Londra, poi a firmare la dichiarazione di guerra.
A differenza di quello che accadrà durante la seconda guerra mondiale (WWII) quando le strategie nemiche e soprattutto i nuovi mezzi trasformarono la città in un facile bersaglio (i bombardamenti angloamericani distrussero quasi l'80% degli edifici cittadini: leggi qui) durante questo primo conflitto (WWI) Milano non dovette sopportare attacchi, dato che i teatri delle battaglie erano molto lontani dalla pianura padana.
Miseria, disoccupazione, fame e tanti morti partiti per il fronte, quelli sì, ma di bombardamenti e morti in casa, fortunatamente se ne registrò solamente uno.
Il Governo, e il Comune, in ogni caso, avevano allertato la popolazione, visto che attacchi aerei su altre città italiane erano avvenuti. Si puntava molto sulla prevenzione: insegnare a riconoscere un aereo nemico, o un dirigibile, invitare a tenere botti d'acqua in prossimità dei tetti, per spegnere sul nascere eventuali incendi, mantenere le luci spente in caso di avvicinamento di velivoli.
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maggio 1915: come riconoscere il nemico! |
L'ATTACCO DAL CIELO
Milano subì l'unico attacco durante
la mattina del 14 febbraio 1916.
Dopo l'allarme giunto da Brescia verso le 8.30, col quale si avvisava la città che erano in avvicinamento tre aerei austriaci degli Imperi centrali.
Si trattava di tre Aviatik (pare dal racconto di alcuni testimoni versione Taube, cioè colomba, per la particolare forma), che procedevano in formazione verso Milano.
Gli
Aviatik Taube erano apparecchi monoplano, con motore Mercedes, apertura
alare di 14 metri e una velocità massima di 100 chilometri orari. La
loro autonomia era di 4 ore. A bordo vi erano due membri di equipaggio.
Prontamente si levarono in volo i nostri apparecchi Breda dalla pista di Taliedo, per tentare di dar loro la caccia.
Purtroppo, due aerei nemici (il terzo puntò su Monza) riuscirono a sorvolare Milano intorno alle 9, con tragiche conseguenze.
Gli aerei nemici infatti sganciarono le loro (poche ma micidiali) bombe tra Porta Romana e Porta Volta, durante un raid che durò circa mezz'ora, durante il quale ingaggiarono anche una cavalleresca battaglia con i nostri apparecchi.
Mentre a porta Volta si registrarono solo lievi danni, in porta Romana alcuni ordigni, per sfortunate coincidenze, uccisero complessivamente 18 persone.
Morirono anche due tranvieri, raggiunti dalle schegge mentre erano a bordo del tram di circonvallazione, colpito nella parte posteriore.
Molto più alto il bilancio dei feriti, una quarantina, quasi tutti ricoverati all'ospedale maggiore, dove vennero visitati dal sindaco Caldara e da altre autorità.
I due apparecchi fuggirono poi verso nord, dove si riunirono con il terzo velivolo, e sganciarono altre bombe su Monza, uccidendo due cittadini e danneggiando vari edifici, come ricordava una targa commemorativa ormai scomparsa.
Alla fine, lasciando la pianura, uno dei tre apparecchi fu abbattuto dalla nostra artiglieria in zona valle del Chiese, tra Brescia e Trento (poco prima quindi di rientrare in zona austrungarica).
La guerra iniziò così a fare davvero paura: da quel momento non fu più un problema lontano, che si consumava fra trincee di montagna o tra le nevi delle Dolomiti, bensì qualcosa che poteva portare morte e distruzione fin dentro le case, le fabbriche, le scuole cittadine.
Vennero conseguentemente approntate maggiori e migliori difese, e si aumentarono gli aerei da caccia sulla pista di Taliedo. Si diedero precise disposizioni perché gli stabili avessero pronti presidi antincendio come secchi di sabbia e acqua in abbondanza. Si perfezionarono i sistemi di comunicazione e di allarme, che quel tragico giorno erano stati dati senza però che la popolazione sapesse come comportarsi.
Per fortuna, altri attacchi dal cielo non se ne ebbero.
Nella foto, i solenni funerali delle vittime.
IL MONUMENTO DI SAROLDI
A conflitto terminato, si vollero ricordare le vittime innocenti con un monumento, che vene eretto idealmente nel punto ove maggiore fu il sacrificio dei cittadini. Fu così scelta la via Tiraboschi. Qui, nel 1923 venne scoperto il monumento bronzeo di Enrico Saroldi.
L'opera fu dedicata anche ad altre vittime della guerra, ed in particolar modo alla medaglia d'oro Giordano Ottolini, ucciso sul monte
Spil.
L'opera raffigura
un soldato romano e un milite del Carroccio (due figure storiche che
avevano lottato contro i tedeschi) mentre sorreggono un ferito.
I
Milanesi, criticando (come al solito) il risultato finale e soprattutto la plasticità dei tre soggetti, li ribattezzò
subito "i trii ciocch". Dato che, a voler guardare con occhio cinico, paiono proprio tre ubriachi che avanzano su insicuro piede, sorreggendosi l'un l'altro, dopo una serata di bagordi.
P.S. Per la grafia "ciocch": così è riportata dal Cherubini (1814), da Cletto Arrighi e nel vocabolario Circolo Filologico Milanese.
mauro colombo
maggio 2015
ultimo aggiornamento: febbraio 2018
maurocolombomilano@virgilio.it