giovedì 17 maggio 2018

Le lunette dei quattro continenti in Galleria

galleria vittorio emenuele milano ottagono mosaici

galleria vittorio emenuele milano mosaiciTra le varie decorazioni ideate per la Galleria Vittorio Emanuele, notevole importanza hanno gli attuali mosaici realizzati nelle quattro lunette della volta.
I quattro spazi architettonici furono affidati a quattro diversi pittori: ognuno di essi avrebbe dovuto realizzare un'allegoria di un continente, in modo che venissero rappresentate le quattro principali parti del Mondo (Europa, Asia, Africa, America; l'Oceania fu esclusa, benchè all'epoca fosse già colonizzata da vari Stati europei).

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L'incarico venne affidato nel maggio inoltrato del 1867. Dunque, mancavano poco più di tre mesi perché quella ambiziosa impresa edilizia venisse inaugurata al cospetto del re il 15 settembre: i tempi erano stretti e nessuno poteva ritardare la consegna del proprio lavoro pittorico. Ognuno di loro realizzò così un meraviglioso dipinto ad olio su pannello di tela.

galleria vittorio emenuele milano ottagono mosaici lunetteAngelo Pietrasanta (allievo di Hayez, qui per la biografia) realizzò l’Europa, con le sue civiltà antiche e i molti strumenti dell’umano sapere.





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Bartolomeo Giuliano, piemontese (qui la biografia), si dedicò all'Asia, con tanto di mandarino cinese e vari indigeni.






galleria vittorio emenuele milano ottagono mosaici lunetteEleuterio Pagliano, fervente garibaldino dalla vita avventurosa, raffigurava l’Africa ricordandoci le grandezze dell'Egitto e i suoi animali esotici.




galleria vittorio emenuele milano ottagono mosaici lunetteInfine, Raffaele Casnedi, professore di disegno all’Accademia di Brera, ci regalò l'America  (tra pellerossa e schiavi di colore, con un richiamo a Colombo e Washington).




Purtroppo, la fretta nell'esecuzione ed un errore di preparazione dei fondi, portarono ben presto al deterioramento dei quattro dipinti: nel 1911 si ricostruirono i cartoni per la sostituzione dei dipinti con mosaici. Questi vennero realizzati da Alessandro dal Prat entro il 1921.
Sono gli stessi che vediamo oggi e che hanno subito un importante lavoro di pulitura negli ultimi anni.
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Mauro Colombo
maggio 2018
maurocolombomilano@virgilio.it









giovedì 10 maggio 2018

Napoleone come Marte pacificatore del Canova (Brera)

napoleone marte pacificatore bronzo a brera

Entrando nel cortile d'onore dell'Accademia di Brera l'occhio del visitatore è subito calamitato dalla statua bronzea che vi campeggia al centro.
Si tratta della statua dedicata a Napoleone, rappresentato come un colossale Marte pacificatore, nudo, ad eccezione della clamide militare, appoggiata alla spalla sinistra. Il braccio destro regge un globo dorato, dominato dalla Vittoria alata.
Artefice fu il Canova, all'epoca uno degli scultori più apprezzato e richiesto in tutta Europa.
canova napoleone marte pacificatore breraQuesta statua ha una storia un po' curiosa, e anche se è definita quale "copia", vedremo che in realtà si tratta in realtà di una seconda versione.
Tutto iniziò quando l'imperatore dei francesi in persona chiamò a Parigi nel 1802 il celebre artista trevigiano, commissionandogli una statua colossale, a figura intera, che lo immortalasse.
Canova, accettato l'incarico, rientrò in Italia e iniziò presto a lavorare un blocco di marmo di Carrara, dal quale trasse la statua. Questa fu pronta nel 1806, e fu poi trasferita a Parigi nel 1811.
Tralasciando l'insoddisfazione che Napoleone ebbe nel vederla, con la caduta dell'imperatore la statua marmorea finì in mano agli Inglesi, ed è oggi visibile a Londra.
canova napoleone marte londra
Ma restiamo in Italia: qui la statua, prima di partire oltralpe, aveva riscosso grande successo, tant'è che nel 1807 Eugenio di Beauhrnais (di stanza a Milano in qualità di vicerè del Regno italico), commissionò a Canova una replica, ma questa volta in bronzo.
Con l'aiuto di Vincenzo Malpieri, l'artista predispose 5 statue in gesso, necessarie per la fusione a cera persa (una copia sarebbe poi andata al fonditore, una a Napoli, una a Lucca, una all'Accademia di Francia e l'ultima alla biblioteca dell'Università di Padova: è questo il calco in gesso che, dopo una serie di vicissitudini, giunse, a Milano dove oggi si trova, all'interno di Brera).
Il bronzo necessario alla realizzazione della statua venne ottenuto fondendo alcuni cannoni di Castel Sant'Angelo, mentre per l'esecuzione furono incaricati Francesco e Luigi Righetti, fonditori romani. 
Quando la nuova statua bronzea di Napoleone fu pronta e giunse a Milano, iniziarono i problemi (e i contrasti) per decidere la collocazione.
Varie furono le proposte, da piazza del Duomo, al palazzo del Senato, ma nel frattempo, l'opera fu collocata, per interesse dello Zanoia, nel salone delle antichità di Brera.
Anche Francesco Giuseppe, a Milano nel 1857, ordinò invano un piedistallo per la collocazione nei Giardini pubblici.
Si dovette attendere Napoleone III perchè il colosso di bronzo, nel 1859, venisse finalmente posizionato dove lo vediamo oggi: nel cortile di Brera.
Nota dolente: nel 1978 la vittoria alata fu rubata, e oggi ne vediamo una copia moderna.


Mauro Colombo
maggio 2018
maurocolombomilano@virgilio.it

giovedì 3 maggio 2018

Il Rattin che accendeva la Galleria Vittorio Emanuele

Rattin per illuminare la galleria Vittorio Emanuele

Rattin per illuminare la galleria Vittorio EmanueleInaugurata la Galleria Vittorio Emanuele (nel 1867), l'illuminazione interna venne garantita fin da subito dalle lampade a gas, prodotto nelle Officine del Gas di porta Ludovica (solo nel 1885 si passò gradualmente alla luce elettrica).
La luce a gas era emanata da apposite lampade a candelabro, con azzurre fiammelle. Il gas veniva acceso da un operaio, uno dei tantissimi "lampeè" che provvedevano anche ad accendere i lampioni delle strade.
Il problema si pose per l'illuminazione della cupola, posta a 50 metri dal suolo. Impossibile salire ogni sera per dare la fiamma all'impianto del gas.
Rattin per illuminare la galleria Vittorio Emanuele
L'architetto Mengoni (il padre della Galleria) pensò anche a questo: fece costruire una piccola rotaia che scorreva a pochi centimetri dai beccucci per tutta la circonferenza della cupola. La rotaia era percorsa, all'atto dell'accensione, da un carrellino sulla cui sommità veniva acceso un tampone era imbevuto di liquido infiammabile.
Rattin per illuminare la galleria Vittorio Emanuele 
Il carrellino (mosso da una carica manuale, a molla, come i trenini dei bambini) correva sul suo percorso accendendo gli ugelli dai quali usciva il gas. La mattina, bastava chiudere il rubinetto del gas per farli spegnere.
Tutte le sere, il carrellino correva proprio come un topolino (un rattin) ad illuminare la volta. Un momento magico, un vero spettacolo per grandi e piccini.
Fortunatamente, quando l'intero sistema andò in pensione (per l'arrivo della luce elettrica), il "rattin" fu conservato, e oggi Milano lo custodisce gelosamente (recentemente era in mostra al Castello, di solito è a Palazzo Morando).
Rattin per illuminare la galleria Vittorio Emanuele

Mauro Colombo
maggio 2018
maurocolombomilano@virgilio.it