Quando il popolo milanese insorse il 18 marzo 1848, per moltissimi cittadini iniziarono cinque giorni di lotta, fervore, paura. Tra feriti, morti, arrestati, si può dire che il popolo tutto partecipò massivamente, assieme ai nobili, alla cacciata dell'austriaco invasore.
Molti furono i cittadini di umile estrazione che si distinsero nella battaglia, vuoi per il coraggio, vuoi per aver preso parte a qualche azione fondamentale. Come la Battistotti, come il Meschia.
Pasquale Sottocorno fu tra questi.
Nato a Milano nel 1822, di umili origini, era all'epoca delle cinque giornate un ciabattino, uno dei pochi lavori riservati ad un popolano menomato ad una gamba, come egli era. Non poteva svolgere lavori di fatica, non poteva camminare o portare pesi.
Allo scoppio dei moti, non era certo in grado di allestire barricate o arrampicarsi sui tetti, come molti suoi concittadini.
Eppure non esitò, trovandosi tra gli insorti che cercavano di assaltare il palazzo del Genio militare, a dare il proprio valoroso contributo.
Il 21 marzo 1848, nella quarta giornata di insurrezione, il Sottocorno si trovò nei pressi del Palazzo del Genio, all'epoca in via Monte di Pietà (poi demolito nel 1867, per lasciare posto alla Ca' de Sass del Balzaretto).
Augusto Anfossi, altro eroe milanese, stava guidando l'assalto all'edificio, rimanendo ben presto ucciso. La resistenza degli austriaci asserragliati era fortissima.
Sottocorno allora si fece avanti coraggiosamente, riuscendo a cospargere di acqua ragia la porta del
palazzo. Poi, con delle fascine, appiccò un portentoso fuoco, che presto costrinse i soldati ad arrendersi (temendo di bruciare vivi nel rogo del palazzo). Furono disarmati in numero di 160.
Per questo atto di eroismo fu insignito di una pensione, che lo aiutò a vivere in quel di Torino, dove fuggì non appena a Milano rientrarono gli austriaci.
Visse da ciabattino, fino alla morte per tisi, che lo colse nel 1857, a soli 35 anni.
Mauro Colombo
marzo 2018
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