Dopo la violenza spregiudicata profusa a piene
mani dalla
banda Cavallero (vedi la rapina in
largo Zandonai), gli
anni settanta si presentarono con il loro
tragico biglietto da visita: rapine, morti, regolamenti di conti tra bande,
scontri a fuoco con le forze dell'ordine, sequestri di persona.
In un clima cittadino che i giornali paragonavano
a quello che si respirava nelle città americane ostaggio dei gangsters, si
affacciò sulla scena un personaggio che diventerà il pericolo pubblico numero
uno: Renato Vallanzasca.
Precoce e spavaldo, scriverà che la sua
generazione aveva rappresentato il salto qualitativo rispetto a quella che
l'aveva preceduto: il mondo dei mariuoli e dei ladroni armati di piede di porco
era ormai andato in pensione. Cresciuto tra via Porpora e il Giambellino,
diviso tra le due famiglie che il padre aveva messo in piedi, Renato si mostrò
da subito ribelle alle regole e attratto dai furti. Presto conobbe il malsano
ambiente del riformatorio e poco dopo quello ancora più avvelenato del carcere.
Vallanzasca, assieme alla banda che i giornalisti
avevano battezzato "della Comasina", ma anche "dei
drogati", innalzò il livello della violenza e cancellò definitivamente quella sorta di rispetto reciproco tra guardie e ladri, inaugurando una nuova
etica criminale, che lasciava però poche speranze: ora le “madame” erano un
nemico da attaccare e derubare di armi e divise anche solo per dispetto, per
dileggio, senza un motivo legato alla fuga o alla rapina.
Dopo essere scappato senza difficoltà dall'ospedale
Bassi dove era piantonato, Renato Vallanzasca maturò l'ardita decisione di
svuotare le casse dell'Esattoria civica, all'epoca in piazza Vetra, sotto i
portici che oggi si affacciano sul parco.
Arrivò così il 17 novembre 1976. Una data indimenticabile nel calendario dei
giorni neri per Milano.
Era un martedì uggioso e freddo, quando alle
11.20 al centralino del 113 arrivò la chiamata del vicedirettore dell'agenzia
16 della Cariplo di piazza Vetra: segnalava la presenza di individui sospetti
nelle vicinanze.
Vallanzasca sostenne in seguito che si trovava lì
solo per effettuare con due complici un sopralluogo all'esattoria, per valutare
un futuro colpo. Lasciati gli amici all'esterno, entrò solo, ma armato con una
calibro 38 e una calibro 9, ben vestito e con valigetta da professionista nel
grande salone degli sportelli, con la scusa di dover compilare un modulo IVA.
Nell'indifferenza e confusione generali, raccontò di essere poi salito al piano
superiore, dove veniva immagazzinato il denaro che i contribuenti versavano al
piano terreno. Stando al suo racconto, avrebbe persino rimproverato un
"mondialino" di guardia poco professionale, fingendosi ispettore
centrale della sicurezza!
Comunque fosse, la Questura, dopo la telefonata
d'allarme, inviò sul posto due volanti, la Duomo e l'Europa. Gli equipaggi,
compiuto un breve giro di perlustrazione, appurarono che fuori la Cariplo tutto
era tranquillo. Ma un pattugliamento più ampio permise di individuare alcuni
individui sospetti nel prato innanzi l'Esattoria.
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vicebrigadiere Giovanni Ripani | | |
Fu il giovane vicebrigadiere Giovanni Ripani ad
intimare per primo l'alt. Presto nacque un fulmineo conflitto a fuoco: un
malvivente morì subito, il poliziotto poco dopo, in ospedale.
Un secondo delinquente armato fu affrontato
dall'agente Domenico Fraina, accorso per dar manforte al capopattuglia ormai
esangue. Anche in questa sparatoria il rapinatore ebbe la peggio, e finì al
Policlinico in gravi condizioni.
Gli altri esponenti della banda se la diedero a
gambe, disperdendosi. Uno di loro, forse impaurito o rimasto più indietro,
prese in ostaggio un bimbo che si trovava in compagnia del nonno.
Fortunatamente, dopo un centinaio di metri, il piccolo Marco fu lasciato a
terra, mentre il rapitore balzò su un'auto con la quale i malviventi stavano
fuggendo.
Per coprirsi la fuga, i delinquenti caricarono su
una Fiat 132 una donna come ostaggio, che rilasciarono due ore dopo, in
campagna, per fortuna illesa.
Bastarono pochi minuti per accertare le
generalità del bandito ucciso, Mario Carluccio, e di quello ferito, Franco
Carreccia. Il che riconduceva la sparatoria a Vallanzasca. E difatti si
accerterà che sulla scena del crimine si trovavano due pezzi da novanta,
Rossano Cochis e Antonio Colia (il "Pinella" mago delle fughe in auto
a cento all'ora), oltre al Muto e al Marsigliese. Per l'occasione, la batteria
al completo, difficile credere ad un semplice sopralluogo.
Il Corriere della Sera titolò: "Banditi
uccidono un brigadiere della Volante-Sparatoria in piazza Vetra: muore un
gangster" "La gang dei drogati sorpresa dalla Polizia mentre stava
per assaltare la Cassa di Risparmio".
Il quotidiano milanese ricordò ai propri lettori
che "ormai della banda si sa molto, ma sono sempre sfuggiti alle trappole
di polizia e carabinieri". A firma di Giovanni Belingardi i milanesi
poterono leggere che: "Sono prontissimi a sparare, a uccidere; si drogano
per schiacciare il grilletto con decisione e senza paura (...). Ma quasi tutte
le loro rapine sembravano improvvisate, suggerite dalla follia: sceglievano i
centri più popolati, i luoghi viabilisticamente più difficili, il momento meno
opportuno. La loro difesa era sempre la stessa: la pistola o la lupara; la
parola d'ordine una e precisa: uccidere e fuggire".
La vecchia ligera, la vecchia criminalità
milanese era davvero morta e sepolta, la città era adesso nelle mani di banditi
spietati che volevano tutto, tanto e subito. Era nelle mani di Vallanzasca, il
nuovo Dillinger, il nuovo Giuliani, Al Capone e Butch Cassidy messi insieme. Il
bandito delle belle donne e dei bei vestiti firmati, dello champagne e delle
BMW. La sua latitanza dopo questo fatto di sangue durò a lungo, e fu aggravata
da rapine e rapimenti.
Nessuno stupore se il bandito della Comasina,
famoso anche per le sue evasioni rocambolesche, collezionò condanne per circa
250 anni di reclusione e quattro ergastoli.
Del Vallanzasca odierno, possiamo leggere ogni
tanto qualcosa sui quotidiani, così come dell'amico Cochis. Colia è morto
recentemente, per un banale incidente in moto, lui che era l'autista
spericolato ed imprendibile della banda della Comasina.
Bibliografia
Corriere della Sera e La Notte 1976
Bonini C.-Vallanzasca R.: Il
fiore del male, Milano
Coen L.-Vallanzasca R.: L'ultima
fuga, Milano
Polidoro M.: Etica criminale,
Milano
mauro colombo
ottobre 2017
Tutti i diritti riservati
pubblicato anche nel volume: Milano e la mala, edizioni Spirale d'Idee 2017
maurocolombomilano@virgilio.it