Una data fondamentale nella storia dell'aviazione è quella del 5 giugno 1783: in una esibizione pubblica (dopo mesi di preparazione) i fratelli francesi Montgolfier fanno volare un pallone aerostatico ad Annonay.
Il volo coprì circa 2 km, durò 10 minuti e raggiunse l'altitudine di quasi 2.000 metri.
La notizia del successo raggiunse rapidamente Parigi.
Solo il successivo 21 novembre un pallone aerostatico portò in cielo un equipaggio umano.
La notizia di questa straordinaria invenzione giunse presto anche a Milano, dove affascinò il nobile Paolo Andreani.
Nato il 27 maggio 1763 dal conte Giovanni Pietro Paolo Andreani (1705-1772) e da Clementina Sormani (1733-1763), si dedicò, come molti giovani nobili dell'epoca, alla poesia e alle scienze.
La residenza Andreani-Sormani, e il bel giardino retrostante (ancora oggi palazzo Sormani, in corso di porta Vittoria, sede della Biblioteca centrale comunale, ha un piccolo appezzamento di verde alle sue spalle) videro probabilmente i primi rudimentali esperimenti del giovane sognatore milanese.
Convinto di potercela fare, ad imitazione dei fratelli Montgolfier, costruì nella villa campestre di Moncucco (Brugherio) con l'aiuto dei fratelli Agostino e Giuseppe Gerli, un pallone di oltre 7.000 metri cubi.
I tre si librarono in aria il 25 febbraio 1784. Andreani ripeterà l'esperimento poco dopo, il 13 marzo, accompagnato nel cestello di vimini dai falegnami Rossi e Barzago. Il pallone raggiunse i 1.800 metri di quota, e volò per 35 minuti, fino a Carugate.
La folla andò in visibilio: l'uomo volava!
L'Andreani fu applaudito poco dopo persino alla Scala, e scrisse dell'aereonauta concittadino Pietro Verri: "Mirare l’ampia mole, pari a vasto palazzo e più capace assai di grandissimo nostro teatro, galleggiare senza ondeggiamenti, era portento da scuotere qualunque cuore".
Di lui si occupò Cesare Cantù, e Giuseppe Parini scrisse ben due sonetti sul portentoso evento.
Ecco il testo del "Per la macchina aerostatica":
Ecco del mondo e meraviglia e gioco,
Farmi grande in un punto e lieve io sento;
E col fumo nel grembo e al piede il foco
Salgo per l'aria e mi confido al vento.
E mentre aprir novo cammino io tento
All'uom cui l'onda e cui la terra è poco,
Fra i ciechi moti e l'ancor dubbio evento
Alto gridando la Natura invoco:
O Madre de le cose! Arbitrio prenda
L'uomo per me di questo aereo regno,
Se ciò fia mai che più beato il renda.
Ma se nocer poi dee, l'audace ingegno
Perda l'opra e i consigli; e fa ch'io splenda
D'una stolta impotenza eterno segno.
Nonostante il successo (fu emessa una moneta commemorativa) e l'interesse da parte della società civile e della comunità scientifica, Andreani non si dedicherà ulteriormente al volo, preferendo le vesti dell'esploratore, spingendosi fino agli Stati Uniti. Ritornerà malato, morendo in forzato esilio (era ormai inviso agli Austriaci) a Nizza, nel 1823.
L'Andreani è ricordato nella via che gli è stata dedicata, proprio dietro a ciò che resta del giardino di palazzo Andreani-Sormani (da Francesco Sforza a via Freguglia).
Nella storia dell'aeronautica, Milano annovera anche la prima aviatrice italiana a conseguire un regolare brevetto di volo: Rosina Ferrario.
Mauro Colombo
giugno 2019
maurocolombomilano@virgilio.it