Milano ha una strana collina, che per una velata mania di grandezza tipicamente nostrana, è da sempre chiamata Montagnetta di San Siro (per via della zona ove si eleva).
Sì, perché la Montagnetta è un rilievo artificiale, formato da milioni e milioni di metri cubi di detriti bellici. E di qualche altra demolizione cittadina. Insomma, per essere un po' macabri, si può dire dire che è il cimitero degli edifici abbattuti dalle bombe anglo-americane sganciate sulla città durante la seconda guerra.
Correva l'anno 1947, quando a Milano si svolse l'Ottava Triennale, incentrata sul tema dell'abitare: per tale evento, Bottoni, commissario straordinario della Triennale milanese, promosse e progettò il piano generale per un innovativo quartiere, appunto battezzato QT8.
Il QT8 non voleva essere "solo una esposizione permanente di nuovi tipi
edilizi, di sistemi costruttivi e arredi innovativi, di risultati
economici e di programmi igienici, ma anche e soprattutto un esempio
sperimentale di una nuova spazialità urbana. Il nuovo quartiere doveva mostrare che, abbandonando lo schema urbanistico-architettonico tradizionale a pareti continue in fregio alle strade e alle piazze, e ordinando invece gli edifici in relazione alla luce e agli spazi verdi, era possibile dare vita ancora a un quadro ambientale unitario di qualità, pur in presenza di tipi edilizi diversi tra loro e dalla tradizione.
Bottoni aveva preventivato che la attuazione del Quartiere
avrebbe richiesto 10-15 anni; oggi tuttavia esso
risulta largamente incompiuto per la parte dei servizi al cittadino" (G. Tonon).
Il Quartiere avrebbe anche contribuito, almeno nella sua primissima fase, a dare una casa a quanti milanesi l'avevano da poco perduta sotto bombe, dirompenti e spezzoni incendiari.
Parteciparono all'ambizioso progetto valenti architetti del periodo, tra i quali Peressutti, Zanuso, Belgioioso, Banfi, Rogers.
Per completare il tutto, Bottoni pensò ad una montagnola artificiale, proprio dove, in una cava di sabbia ormai esaurita, si stavano accumulando i detriti cittadini, che avevano riempito del tutto il precedente specchio d'acqua.
All'immane lavoro parteciparono numerose ditte, che sfruttavano in gran parte i camion militari americani (Dodge, Ford, GMC) qui abbandonati e rimessi in circolazione dopo essere passati dai campi di raccolta e rivendita dell'ARAR.
Partecipavano inoltre tutti quelli che dovevano arrangiarsi e inventarsi un lavoro, grazie ai carretti a cavallo o ai veicoli residuati USA rimessi in condizioni di marciare (spesso modificandoli nei motori esageratamente assetati di carburante, e costruendo artigianalmente i pezzi di ricambio altrimenti introvabili). Questi operai, pagati un tanto a quintale scaricato e spinti dalla povertà e dalla voglia di rivincita, erano detti "stravachin".
La realizzazione della collina si protrasse ben oltre l'Ottava Triennale. Se il primo basamento è infatti costituito dai detriti cittadini, l'accumulo di terra continuò in zona per circa vent'anni dopo il 1947.
Il Monte avrebbe dovuto toccare, nel secondo progetto del 1954, i cento metri di quota, anche se poi, in fase di realizzazione, ci si accontentò di un po' meno.
Era anche nato un Moto Club, il MCMontagnetta. Una delle più importanti riviste del settore, Motociclismo, dedicò al fenomeno una copertina, e pubblicò un articolo quando le cose cambiarono per sempre.
Più recentemente ospitò gare sciistiche (nel 1984, con innevamento artificiale), e nel decennio scorso venne realizzato, in una piccola porzione, il Giardino dei Giusti, per onorare coloro che si sono opposti ai crimini contro l'umanità e ai totalitarismi.
Mauro Colombo
maggio 2016
maurocolombomilano@virgilio.it
maurocolombo@milanoneisecoli.it
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