La storia di Milano, i suoi luoghi, i suoi personaggi. Un blog di Mauro Colombo

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mercoledì 19 aprile 2017

Le Officine del gas di porta Lodovica


milano gas officina lodovica Guillard

Dopo alcuni tentativi sperimentali (come quello dell'ing. Brey, che nel 1832 illuminò a gas la Galleria De Cristoforis), nel giugno 1843 il Comune di Milano, con contratto rogato dal notaio Tommaso Grossi, concesse alla società dell'ingegnere Jules Achille Guillard (1799-1876) l'appalto per l'illuminazione pubblica mediante gas, autorizzandola anche a costruire un apposito stabilimento di produzione del gas.
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Sistemi simili erano già in funzione da qualche anno sia a Torino che a Venezia, dove stavano dando soddisfazioni anche in termini di costi. Mentre nel resto d'Europa, e Oltreoceano, era ormai prassi consolidata da almeno due decenni illuminare a gas le grandi città.
milano gas officina ludovica GuillardLa località dove edificare l'impianto produttivo fu scelta fuori porta Lodovica, nel borgo di san Celso, nel Comune dei Corpi Santi (in quella porzione di città oggi compresa tra Via Sarfatti, Via Bocconi, Viale Bligny, Via Roentgen). Inizialmente sorgeva accanto alla via Teuliè, per poi espandersi anche dall'altra parte della via.

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milano gas officina ludovica GuillardDopo la prima guerra, lo stabilimento fu collegato con apposito binario di servizio alla vicina linea ferroviaria di circonvallazione, cosa che permise un più facile approvvigionamento di carbone.

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L'impianto industriale fu edificato in un recinto di "15 pertiche", con un portico di 114 metri per riporvi il carbone, un'officina con 48 forni (per trasformare il carbone in gas) e un gasometro (per immagazzinare il gas prodotto pronto all'immissione nella rete) da 1850 metri cubi. A quest'ultimo si affiancarono ben presto due altri gasometri di eguale capacità.

milano gas officina lodovica Guillard

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La prima rete di distribuzione del gas comprendeva circa 15 Km di tubazioni interrate, realizzate in lamiera di ferro galvanizzata. L'interramento dei tubi avvenne ad una profondità tale da evitare sia la loro dilatazione dovuta alle temperature esterne, sia il loro schiacciamento dovuto al passaggio dei carri.
L'impianto e il servizio furono così inaugurati il 31 luglio 1845.
milano gas officina lodovica GuillardL'illuminazione delle vie e piazze fu garantita da 377 becchi, da dove usciva il gas pronto per essere infiammato. A questa operazione era preposto un operaio gasista che con scala o pertica accendeva il gas dopo aver aperto i rubinetti dei lampioni stradali.
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L'illuminazione a gas era pensata naturalmente anche per i cittadini.
Chiunque abitasse nelle vie raggiunte dai tubi poteva chiedere che la propria abitazione venisse allacciata all'impianto del gas, onde ottenere un'illuminazione domestica più potente, più economica e più pulita rispetto a quella data dalle candele o dalle lampade ad olio.

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Nelle abitazioni venivano introdotti sottili tubi di rame con rubinetti, e venivano poi stipulati contratti di somministrazione annuali per chi poteva fissare un "regolare orario per l'accensione dei becchi" (come nei negozi o negli uffici), oppure a consumo, ed in questo caso il prezzo era stabilito un tanto  metro cubo, la cui misura si faceva "mediante una macchinetta d'ingegnosa costruzione" (il contatore).
Tuttavia i costi per l'utenza privata non si dimostrarono poi così vantaggiosi, tanto che la luce a gas rimase appannaggio delle dimore patrizie o degli esercizi commerciali o produttivi. Il ceto medio (e il popolo) continuerà per almeno due decenni ad illuminare le proprie stanze con le collaudate lampade ad olio.
La partenza al rallentatore per lo scarso entusiasmo dei milanesi portò dopo un solo anno alla vendita dell'Officina del gas e della rete distributiva a Jean Baptiste Roux
Gli irrisolti problemi di ritorni economici fecero sì che di lì a qualche anno l'impresa Roux e C. venisse rilevata, questa volta da una più solida società, con impianti ed interessi in molte città europee, la Union des Gaz di Parigi, che dal 1859 in avanti mantenne il monopolio.
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Dopo l'unità d'Italia l'illuminazione a gas iniziò a diffondersi maggiormente, sia in termini di zone raggiunte dal servizio, sia come numero di utenti allacciati (ora anche la borghesia voleva le proprie abitazioni illuminate a gas). Così l’aumento della domanda e dei consumi spinsero la Union des Gaz a costruire una nuova officina di produzione, sempre fuori Porta Ludovica, poco distante dalla primitiva sede.
Nel 1870 entrò nel mercato del gas una seconda società, la “Compagnia lombardo-veneta per la carbonizzazione dei fossili terziari”, di Jean-Jaques di Guillet, che aveva ottenuto l’esclusiva per la fornitura al Comune dei Corpi Santi ed alla stazione centrale delle ferrovie (con officina e gasometri in Porta Nuova).
Il progresso, seppur lentamente, si era affermato.
Ma presto il gas sarebbe diventato il combustibile per la cottura dei cibi e il riscaldamento, visto che l'illuminazione diventerà elettrica, con la Edison del professor Colombo (nel corso del 1882-83 fu infatti eretto l’edificio della Centrale elettrica di via santa Radegonda).
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FONTI
"La nuova illuminazione in Milano col metodo per preparare il gas e per servirsene" Milano, 1844

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mauro colombo
aprile 2017
maurocolombomilano@virgilio.it








venerdì 7 aprile 2017

Piazzale Lodi e il Tecnomasio Italiano Brown Boveri (TIBB)


piazzale lodi tibb

Su piazzale Lodi si affaccia l'imponente palazzo dei primi del Novecento un tempo sede degli uffici di una grande realtà industriale milanese e italiana: il Teconomasio Italiano Brown Boveri - T.I.B.B.
Oggi vi ha sede un'assicurazione.
Tecnomasio TIBB Lodi
Nel periodo di massimo sviluppo, l'intero isolato era occupato dalla sua sede, con le vaste officine oggi scomparse dopo la costuzione della Coop (resiste la ciminiera, che è stata salvaguardata).  
Su piazzale Lodi e su viale Umbria si affacciavano, appunto, gli uffici, con l’ingresso principale dal piazzale, mentre l’accesso degli operai e dei veicoli avveniva da un ingresso situato su via Sannio (dove ancora oggi si legge: Ingresso operai). Sul retro, lo stabilimento era collegato, con un apposito binario, allo scalo merci ferroviaro di Porta Romana (inaugurato nel 1891), collegamento che permetteva l'entrata delle merci e l'uscita dei prodotti finiti.
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Tecnomasio TIBB Lodi
L'intera zona, attraversata da corso Lodi, era ricca di industrie ed officine, sviluppatesi appunto grazie alla presenza dell'importante scalo ferroviario (come del resto lungo l'asse della ferrovia per Mortara, lungo le vie Savona, Tortona, Solari).
Tecnomasio TIBB piazzale corso Lodi

Nata come piccola officina artigianale nel lontano 1863, in via Pace, per iniziativa di Luigi Longoni, Carlo Dell’Acqua e Ignazio Porro, produceva principalmente strumenti di precisione. 
Pochi anni dopo, grazie alla guida dell’ingegnere Bartolomeo Cabella, si avviò la produzione di lampade ad arco voltaico, specializzandosi progressivamente nella costruzione di materiale elettromeccanico come dinamo per l’illuminazione elettrica e apparecchiature per la nascente industria idroelettrica. La denominazione divenne così "ing. Cabella e C.".
Tecnomasio TIBB Lodi cabellaNel 1898, per affiancare alla produzione di apparecchi di fisica e geofisica la fabbricazione di dinamo, alternatori e generatori di corrente, la società venne trasformata in Società anonima Tecnomasio Italiano ing. Cabella e C.
Poco dopo si fuse con la società svizzera Brown Boveri di Baden, divenendo così Tecnomasio Italiano Brown Boveri (TIBB).
Tecnomasio TIBB Lodi


Nel 1907 venne costruito lo stabilimento con uffici e laboratori di piazzale Lodi. L'anno successivo venne incorporata la Gadda e C. acquisendone anche la fabbrica di via De Castilla, a ridosso dello scalo merci oggi scomparso (scalo che ha lasciato il posto a piazza Gae Aulenti e ai grattacieli di Porta Nuova).

Tecnomasio TIBB LodiTecnomasio TIBB Lodi de castilla
Tecnomasio TIBB Lodi E330 E550Nel 1919, fu inglobata la Società Italiana Westinghouse di Vado Ligure, dove si costruiva il famoso locomotore elettrico trifase E 550 (cui seguì la serie E 330), vero progenitore dell'elettrificazione ferroviaria italiana (un esemplare si trova al Museo della scienza e della tecnologia). Questo locomotore era detto "Mulo dei Giovi" (era sfruttato sulla Torino-Genova) e aveva finalmente risolto il problema, a volte sfociato in drammi, del fumo nelle gallerie, quando a trainare i pesanti convogli erano le vaporiere binate dette Mastodonti dei Giovi e le successive Beugniot.
Negli anni '20 e '30 TIBB svolge un ruolo di primo piano nella costruzione di materiale elettrico rotante e di trasformatori per centrali idroelettriche. 
Determinante la sua attività nella costruzione di locomotive e di tram, anche milanesi (apparati elettrici e carrelli).
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Tecnomasio TIBB TRAM

Nel 1936 la società dava lavoro a 850 impiegati e a 3200 operai.

Tecnomasio TIBB Lodi Romana
Duramente colpita dai bombardamenti del 1943, nel dopoguerra fu riattivata la produzione di grandi macchine elettriche rotanti e lo stabilimento si espanse ulteriormente con la costruzione di nuovi edifici.
Nel 1988 avviene la fusione con lasocietà svedese Asea e la società assume la denominazione di Abb Tecnomasio, incorporando anche la Ercole Marelli. I restanti decenni sono storia recente.

Tecnomasio TIBB Lodi


Mauro Colombo
aprile 2017
maurocolombomilano@virgilio.it