La storia di Milano, i suoi luoghi, i suoi personaggi. Un blog di Mauro Colombo

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lunedì 7 dicembre 2020

Il quartiere Edison di via Primaticcio

 

quartiere Edison primaticcio

Terminata la seconda guerra, la penuria di case ed alloggi fu a Milano una vera emergenza. Rientrati gli sfollati, con migliaia e migliaia di abitazioni crollate o inagibili, la mancanza di un tetto per i cittadini si fece davvero preoccupante. 
In attesa della ricostruzione postbellica, le case minime, edificate in fretta e furia nelle periferie, accolsero provvisoriamente (ma sappiamo quante rimasero in piedi per decenni, e alcune ancora oggi sono abitate) chi una casa migliore non l'aveva più.
Dal 1955 si registrò a Milano (e non solo) l'inizio del boom economico, cui seguì il boom edilizio
L'ambizioso piano INA-Case per l'edilizia popolare, l'aumento del reddito pro capite, la bassa disoccupazione, i contenutissimi tassi di interesse, contribuirono alla crescita esponenziale dei cantieri edilizi. Milano appariva un'immensa selva di gru!

Questo aumento vertiginoso di nuovi palazzoni, prevalentemente nelle periferie che si espandevano a dismisura a scapito di campagne e cascine, accolse in grande misura l'immensa immigrazione dal Sud Italia. Si calcola che nel decennio a cavallo tra gli anni cinquanta e gli anni sessanta si trasferirono al Nord almeno 10 milioni di abitanti delle zone del Mezzogiorno, spostando la forza lavoro dall'agricoltura all'industria.

edison milano via primaticcio
Tra i tanti quartieri che andavano crescendo, e tra i tantissimi palazzoni che salivano come funghi, prendiamo come esempio (anche per capire quale aria si respirava all'epoca, e quale entusiasmo circondava il completamento di ogni nuovo complesso edilizio) l'imponente inaugurazione del Quartiere Edison di via Primaticcio (zona Lorenteggio).

Domenica 27 marzo 1960, una mattina fresca ma soleggiata, vide radunarsi migliaia di persone e le immancabili autorità cittadine e religiose, in quella periferia appena nata, una zona da poco conquistata alle campagne. Poco distante sorgeva e sorge la cascina Corba, mentre non molto più in là verrà poi abbattuta, per far posto ad altri palazzi, la cascina Arzaga.

via primaticcio edison
Il complesso edilizio tutt'ora esistente è compreso nel triangolo formato dalle vie Primaticcio, san Gimignano, Soderini. La sua realizzazione, costata alcuni anni di lavori nell'ambito del piano INA Casa, fu curata dalla Società Edison, per assegnare moderni alloggi ai propri dipendenti e alle loro famiglie.

Come venne raccontato dal quindicinale Notiziario Edison, inviato ai dipendenti del gruppo, sul numero 6 del 31 marzo 1960, il progetto aveva portato alla costruzione di 15 palazzi di sette piani, per un totale di 598 appartamenti. Gli edifici risultavano immersi in un vasto spazio verde solcato da innumerevoli vialetti, e da uno spiazzo centrale a mo' di piazzette.  Ad un vertice del tringolo, fu costruito un Asilo d'infanzia oggi comunale.

notiziario edison milano primaticcio

Quartiere Edison via Primaticcio
A completamento del quartiere, un potente impianto di riscaldamento centralizzato con tre caldaie tipo marina, ben 27 ascensori e cantine per il ricovero delle motorette.
Dopo la benedizione impartita da Monsignor Oldani, abate di sant'Ambrogio su incarico del card. Montini, il ragionier Rossello, presidente dell'Edison, consegnò quella mattina le chiavi degli alloggi ai dipendenti, coadiuvato da altri funzionari della società.
Una vera festa, insomma, un altro tassello che contribuì alla rinascita e all'espansione di Milano in quegli anni spensierati e favolosi, che si lasciavano alle spalle le miserie e le sofferenze della guerra. Era appena iniziato un decennio irripetibile.


 
 
 
 
Mauro Colombo 
dicembre 2020
maurocolombomilano@virgilio.it


lunedì 19 ottobre 2020

La quercia di piazza XXIV maggio

la quercia di piazza XXIV
 

Tra le tante curiosità storiche che caratterizzano piazza XXIV maggio (l'antica piazza del mercato, qui un articolo dedicato) non passa certo inosservata la maestosa quercia rossa posizionata quasi all'imbocco di corso san Gottardo.

Oggi questo storico albero si regge in piedi anche grazie ad un esoscheletro in putrelle d'acciaio realizzato a forma di piramide, posizionato nel 2019 da una carpenteria bergamasca, per cercare di aiutare la chioma.

lo scheletro in acciaio che aiuta la quercia
La quercia fu qui piantata, già adulta, da un padre che voleva ringraziare il fato per aver potuto riabbracciare il figlio tornato sano e salvo dal fronte della prima guerra mondiale, ed anche per ricordare gli altri figli della Patria che invece sulle nostre montagne erano rimasti per sempre.
Quel padre si chiamava Giunio Capè, e la piantumazione avvenne il 24 maggio del 1924, nella piazza che da poco era stata così ribattezzata (ricordiamo che il 24 maggio è l'entrata in guerra dell'Italia, nel 1915).
Accanto alla quercia fu posto dalla società alpina milanese un cippo in ferro, che recita: "ai caduti per la patria del rione Ticinese Lodovica".
 
la piazza negli anni Trenta: la quercia a sinistra

mauro colombo

ottobre 2020

maurocolombomilano@virgilio.it


mercoledì 9 settembre 2020

La Filovia Fiat 2472 carrozzata Viberti, il "Vibertone"

 

filovia viberti milano

Dopo l'esordio milanese, nel lontanissimo 1906, di una filovia sperimentale all'interno del recinto della Esposizione internazionale, la storia di questo intelligente veicolo ha visto successi e insuccessi, momenti di grande sviluppo e momenti in cui sembrava destinato a sparire.

Se infatti dagli anni '30 il sistema filoviario milanese iniziò ad avere un progressivo sviluppo, con impiego di filobus su molte linee, a partire dagli anni '70 numerose linee filoviarie furono trasformate in autolinee, eliminando la linea aerea.filobus viberti

Oggi, sopravvivono come linee filoviarie esclusivamente la 90-91, la 92 e la 93.

Sicuramente, tra i vari mezzi impiegati durante così tanti decenni (molti Fiat o Alfa Romeo), uno è entrato nel cuore dei cittadini: la filovia Fiat 2472 carrozzata Viberti con apparato elettrico CGE, in gergo chiamata "Vibertone".

Della Fiat sappiamo tutto, della CGE di Milano, in via Tortona (compagnia generale elettricità) abbiamo parlato qui, diciamo qualcosa in più sulla Viberti: nata nel 1922 a Torino, si specializzò da subito in carrozzerie di autobus e filobus per veicoli Fiat, realizzando poi anche rimorchi e semirimorchi per veicoli da trasporto pesante. Passata più volte di mano, entrata nell'orbita di altri gruppi, ha cessato in anni recenti la propria attività.

Tornando alla filovia di cui ci stiamo occupando, era un imponente veicolo snodato a 4 assi, con 2 porte nell'elemento anteriore, che vide all'attivo due serie: la prima con i numeri di matricola compresi tra 541 e 580 (entrati in servizio tra il 1958 e il 1959), e la seconda numerata da 581 a 635, consegnati tra il 1964 e il 1965.
viberti filobus milano

Questi 95 veicoli entrarono in servizio con la classica livrea nei due toni di verde, impiegati sulla linea di circonvallazione 90-91. Furono poi riveniciati secondo le indicazioni ministeriali con il colore arancione, fino a quando vennero progressivamente dismessi e tolti dal servizio a partire dagli anni ottanta (anche se molti di noi li ricordano in circolazione anche negli anni successivi, sicuramente per buona parte degli anni novanta).

filovia viberti fiat

filovia fiat viberti

Fiat viberti arancione

 
Fa piacere che un esemplare sia stato salvato, e nel 2009 restaurato con maestria e sapienza dal personale ATM, quello con matricola 548
E' stato possibile, in qualche occasione, ammirarlo nel deposito di viale Molise, e per la gioia di molti, vederlo anche circolare, sulla linea 90-91, durante particolari occasioni.

 

fiat viberti milano


viberti filovia


fiat viberti fiat

Mauro Colombo
settembre 2020
maurocolombomilano@virgilio.it

 


mercoledì 24 giugno 2020

Dal giardino Serbelloni al palazzo Fidia


palazzo fidia serbelloni milano


palazzo fidia serbelloni milanoLungo corso Venezia si affaccia la fronte di palazzo Serbelloni, ideata da Simone Cantoni e caratterizzata dal bel timpano neoclassico. 
Sulla via san Damiano (un tempo percorsa dal naviglio della fossa interna) si affaccia invece la fronte in semplice mattonato secentesco, dovuta all'abbandono dei lavori di ristrutturazione.
Come tutti i palazzi nobiliari, la facciata interna si apriva su un elegante e vasto giardino, che si estendeva verso i Bastioni. Vera delizia per i padroni di casa e i loro ricchi e nobili ospiti, era una vera oasi ricca di grandiosi alberi di varie essenze, vialetti, boschetti e tutto ciò che poteva servire per allietare feste e ricevimenti.
palazzo fidia serbelloni milanoNel palazzo soggiornò persino Napoleone nel 1796, dopo essere entrato vittorioso in città con le sue truppe, e possiamo immaginarlo passeggiare lungo vialetti ombrosi, in un momento di riposo o durante un colloquio con il padrone di casa o con qualche suo generale.
Purtroppo, verso la fine dell'ottocento, con la città in espansione e con i costi dei terreni lievitati a dismisura, parve sicuramente una buona idea ai padroni di casa (a quell'epoca divenuti i Sola-Busca, per ragioni successorie e matrimoniali) sacrificare un po' di verde per monetizzare e far erigere nuovi edifici. 
Nel 1890 iniziò così a sparire una parte di giardino, per lasciare il posto all'Istituto dei ciechi.
palazzo fidia serbelloni milanoLa più vasta lottizzazione si ebbe però agli inizi del Novecento (tra il 1907 e il 1926), quando il giardino venne ulteriormente sacrificato per l'apertura delle vie Serbelloni, Mozart ed infine Melegari.
Su tale vasto spazio ritenuto edificabile, si innestò il Piano di lottizzazione firmato dall'architetto mantovano Aldo Andreani, che nel corso di alcuni anni progettò gli edifici che oggi si affacciano sulle vie menzionate.
palazzo fidia serbelloni milano
Forse il più curioso, in stile eclettico caratterizzato dall'uso di materiali tipici della zona, il mattone e il ceppo, è palazzo Fidia (via Mozart angolo via Melegari).
palazzo fidia serbelloni milano
Oltre ai colori rosso cupo e grigio, però, Andreani inserì la colorazione degli intonaci, donando così all'edificio una policromia che lo differenzia dal grigiore che spesso predomina a Milano.
Pensato per ospitare appartamenti d'affitto da destinare alla borghesia milanese, il progetto venne da subito ideato con una autorimessa al piano interrato, dove possono trovare riparo ben 6 autovetture.

palazzo fidia serbelloni milano

Bibliografia
Lanza A., Milano e i suoi palazzi, 1993
Il nuovo quartiere nell'ex-giardino Sola-Busca di Milano, in Rassegna di Architettura, anno III, n. 6, 1931.

Mauro Colombo
giugno 2020
maurocolombomilano@virgilio.it

domenica 24 maggio 2020

1873: un'idea di metropolitana per la Fossa interna del naviglio


naviglio metropolitana ippovia milano Brocca

Con la soppressione (per ordine di Francesco Giuseppe del 1857, durante la sua visita in città) del laghetto di Santo Stefano, dove i barconi attraccavano per scaricare il marmo per il Duomo, iniziò sempre più l'insofferenza verso il naviglio della fossa interna (la cosiddetta "cerchia del naviglio").
Da più parti si erano levate voci favorevoli all'interramento, avendo perso ormai la sua vocazione quale celere via di trasporto in città. I milanesei lo vedevano sempre più quale motivo di fastidio (miasmi) piuttosto che di utilità vera o di orgoglio storico.
Dopo i progetti rimasti solamente sulla carta a firma degli ingegneri Mira e Gandini (quest'ultimo aveva assistito alla realizzazione della prima linea metropolitana londinese), anche Giovanni Brocca iniziò con l'interessarsi ad un più proficuo sfruttamento dell'alveo del naviglio della fossa interna quale sede per una ferrovia in trincea.

milano mappa naviglio brocca
In giallo, la Fossa interna del naviglio
Nato a Milano da una ricca famiglia di commercianti nel 1803 (morirà a Magenta nel 1876), il Brocca frequentò il liceo presso la scuola di S. Alessandro, venendo poi ammesso alla scuola di disegno architettonico dell'Accademia di Brera. 
Partecipò alle Cinque Giornate del '48, e fu eletto consigliere comunale nelle prime elezioni amministrative (1860), e poi regolarmente rieletto fino al 1872 (negli anni 1860-62 fu anche assessore), dedicandosi sempre ai problemi edilizi ed urbanistici della città.
Fece parte anche del comitato preposto ai restauri delle basiliche milanesi di S. Ambrogio (nel 1858) e di S. Eustorgio (1863).
Affascinato, come detto, dall'idea di una linea ferroviaria parzialmente interrata, presentò al Comune nel maggio del 1873 il suo progetto per riconvertire l'alveo del naviglio della fossa interna.
Come scrisse di suo pugno nel progetto, la città di Milano doveva due volte all'anno sopportare il periodo di asciutta della fossa, con relativi miasmi. Oltretutto, quest'antica via d'acqua, vedeva sempre meno natanti, poichè i trasporti cittadini si stavano ormai spostando verso altri mezzi più moderni.
naviglio brocca milano ippoviaCosì, la sua idea prevedeva che, partendo dal laghetto di piazza san Marco, metà dell'alveo della fossa del naviglio venisse adibita alla posa di doppie rotaie sopra alle quali avrebbero corso appositi veicoli trainati da cavalli; l'altra metà, interrata  per allargare la strada che costeggia il naviglio, avrebbe continuato ad ospitare il flusso delle acque.
La fossa di circonvallazione avrebbe avuto così una duplice funzione: canale d'acqua per alimentare la Darsena, ma anche strada ferrata (ippovia) per veloci trasporti cittadini. 
Il progetto non piacque al sindaco di allora, Giulio Belinzaghi, e fu sonoramente bocciato.
Ciò non salvò come sappiamo il naviglio della fossa interna, che infatti iniziò con l'essere interrato a partire dal biennio 1894-1896 nel tratto di san Girolamo (poi Carducci) fino all'attuale via De Amicis.
Il totale interramento e la sua definitiva scomparsa datano invece 1929.

Bibliografia
Ogliari F.-Sapi F.: Dall'omnibus alla metropolitana, Milano 1972

mauro colombo
maggio 2020
maurocolombomilano@virgilio.it




sabato 2 maggio 2020

Piazza Mentana: Garibaldi a Milano



milano piazza mentana garibaldi
L'attuale piazza Mentana (alla quale si giunge lasciandosi alle spalle il Carrobio per una cinquantina di metri) è caratterizzata dal monumento centrale dedicato ai Martiri della battaglia di Mentana
milano piazza mentana garibaldiA fargli da cornice, due imponenti edifici ottocenteschi votati alla formazione dei giovani: l'ex Istituto tecnico santa Marta (oggi occupato dalla scuola statale secondaria) e la Società di incoraggiamento d'arti e mestieri (1890).

milano piazza mentana garibaldiUn tempo la piazza era occupata dai chiostri del monastero di santa Marta (del 1345, anno in cui tale Simona da Casale, per dedicare la sua vita a Dio, radunò nella propria casa vicino ad una piccola cappella dedicata a santa Marta altre compagne devote), che per un lungo periodo conservarono l'abbozzato monumento funebre di Gaston de Foix, opera del Bambaia.
Il monastero di santa Marta fu soppresso nel 1798, e i suoi locali divennero sede dal 1844 del Museo di Storia Naturale (approfondisci), ma finirono con l’essere poi demoliti nel 1861.
milano piazza mentana garibaldiSi doveva creare spazio per erigere il Regio istituto tecnico "di Santa Marta", poi Cattaneo, che per qualche anno diede il nome allo slargo così ricavato (che prima era appunto conosciuto come piazza S. Marta).
Nel 1874 venne indetto un pubblico concorso (non senza polemiche) per realizzare un monumento cittadino che commemorasse i Caduti italiani della battaglia di Mentana (volontari italiani garibaldini contro francesi e pontifici, nel 1867).
Vinse il bozzetto presentato da Luigi Belli
Il monumento fu concepito come un basamento gradinato su cui si erge uno stretto piedistallo in porfido rosa di Baveno. La statua in marmo bianco raffigura l'Italia nel gesto di porgere la corona di lauro; con la sinistra tiene una lunga spada sfoderata, puntata a terra. Decorato sulle facce laterali con rilievi bronzei raffiguranti la Battaglia di Monterotondo e la Disfatta di Mentana.
milano piazza mentana garibaldi

Una volta realizzato, il monumento trovò degna collocazione proprio nella nuova piazza.

L'inaugurazione avvenne il 3 novembre 1880: grande accorrere di popolo e autorità, ma soprattutto la presenza, sotto il baldacchino d'onore, di Giuseppe Garibaldi.
Che finì così, per quanto poco visibile, immortalato nella foto ricordo della giornata di festa.
Infine, la piazza fu dedicata alla battaglia di Mentana, toponimo che ancora oggi conserva.





Mauro Colombo
maggio 2020
maurocolombomilano@virgilio.it








sabato 4 aprile 2020

Gaetano Pini e il Pio Istituto per Rachitici


Pini istituto rachitici via san calimero
Il primo, importante, passo verso la cura del rachitismo, vera piaga sanitaria, viene fatto poco dopo l'unità d'Italia.
Il rachitismo, tipica patologia dell'età pediatrica, è dovuto a problemi di metabolismo osseo e carenza di vitamina D. E' la malattia dovuta a insufficiente, se non assente, esposizione al sole, associata a squilibri nutrizionali
pio istituto rachiticiTipici della povertà e degli affollamenti in ambienti chiusi e malsani, ma alla quale non erano immuni neppure i bambini nobili e ricchi, a volte esageratamente privati della fotoesposizione, costretti com'erano da abiti troppo coprenti nelle stanze dei palazzi, alimentati in maniera scorretta con carenza vitaminica, nei primi anni di esistenza.
Nel 1874 Gaetano Pini fonda la Scuola dei Rachitici, o Asilo, con sede prima in via Sant'Andrea, poi in vicolo Rasini, piccola via senza uscita a ridosso di san Babila.
pio istituto rachitici

In questi locali, il medico iniziò a prendersi cura di bambini affetti da rachitismo, o comunque afflitti da problemi e deformazioni all'apparato scheletrico.
L'allievo del Pini, Pietro Panzeri (che nel 1875 aveva fondato una Guardia medica in piazza Duomo) enterà con grande entusiasmo e idee innovative nel nuovo ospedale. L'istituzione ebbe presto un grande successo, anche in termini di donanzioni economiche.
pio istituto rachiticiLe vaste entrate assicurate da lasciti, elemosine e sovvenzioni, permisero nel 1881 di aprire la nuova grandiosa sede, nel bell'edificio edificato in via san Calimero

pio istituto rachitici
Avrà nome Pio Istituto dei Rachitici, vero antisignano di un ospedale ortopedico di stampo moderno. E propio in san Calimero abbiamo oggi il moderno ospedale Pini.
La struttura sanitaria sarà più tardi affidata alla direzione del valente Riccardo Galeazzi.
pio istituto rachitici

Nel 1915 venne ampliata l'offerta ai malati scheletrici, costruendo (grazie a cospicue elargizioni) l'ospedale succursale di Gorla, in viale Monza, ribattezzato Rifugio Fanny Finzi Ottolenghi, pensato per la cura e la riabilitazione fisioterapica degli operai infortunati e divenuti invalidi.
Durante e soprattutto dopo la Grande Guerra, diverrà un centro di eccellenza per i reduci del fronte, militari con terribili menomazioni agli arti, che qui trovarono, per quanto possibile, sollievo con operazioni e protesi.
pio istituto rachitici
pio istituto rachitici

mauro colombo
aprile 2020
maurocolombomilano@virgilio.it






venerdì 13 marzo 2020

Luigi Sacco, primo vaccinatore di Lombardia



luigi sacco

 
In questi tempi funestati dall'epidemia di Coronavirus, è doveroso ricordare un medico che tanti benefici riuscì a portare nella prevenzione di una malattia un tempo terribile: il vaiolo
Non stupisce, pertanto, se a questo medico è intitolato l'ospedale milanese che oggi, per primo, si è occupato dell'epidemia in corso.
Luigi Sacco nacque a Varese il 9 marzo 1769; laureatosi a Pavia, allievo dello Spallanzani, si trasferì presto a Milano.
Affascinato dagli esperimenti e dalle intuizioni dell'inglese Jenner, si dedicò alla diffusione e al perfezionamento del vaccino contro il vaiolo umano (virus variola) partendo dall'innocuo (per gli uomini) vaiolo bovino.
sacco vaccino vaiolo milanoDal settembre 1800 all'aprile 1801 eseguì più di 300 innesti di virus vaccino, iniziando nelle campagne attorno a Varese (sopra alcuni bambini di un contadino), per poi proseguire a Giussano, a Montonate ed in gran parte a Milano. 
Alle prime inoculazioni era seguito un periodo di sperimentazione di controllo. 
Raccolto infatti materiale pustoloso di vaiolo umano, lo aveva innestato in alcuni fra i suoi primi pazienti vaccinati: nessuno si ammalò, la vaccinazione funzionava a dovere!
Questi trionfi della vaccinazione in Lombardia spinsero il governo della Repubblica Cisalpina a nominare nel 1803 il Sacco quale Direttore generale della vaccinazione, mettendogli a disposizione gli orfanotrofi per organizzare pubblici esperimenti. 
Così, la sperimentazione relativa alla validità della vaccinazione fu condotta sopra i trovatelli milanesi, nel Pio Luogo di Santa Caterina alla Ruota (annesso alla Ca' Granda).
Nello stesso anno pubblicò il suo libro "Memoria sul vaccino unico mezzo per estirpare radicalmente il vajuolo umano, diretto ai governi che amano la prosperità delle loro nazioni".
Nel 1809, come egli stesso ricordò a Eugenio di Beauharnais, i vaccinati ammontavano a 1.500.000.
"Io stesso ho vaccinato più di 500.000 individui ed altri 900.00 sono gl’innestati dai professori a ciò deputati». 
sacco vaccino vaiolo milanoEra riuscito ad organizzare, primo in Europa, una delle più massicce campagna sanitarie che la storia avesse mai conosciuto.
Morì nel 1836, nella sua abitazione di corso Monforte. Fu sepolto nel cimitero di san Gregorio, alle spalle del Lazzaretto.




Nel 1858 gli fu dedicata una lapide all'interno della cappella della Santissima Annunziata dell'Ospedale maggiore di Milano, la Ca' Granda (oggi sede dell'università degli studi). Il testo lo definisce "Primo inoculatore del vaccino in Lombardia".
sacco lapide alla ca granda

 

sacco vaccinatore vaiolo

sacco vaccino vaiolo milano

In tempi più recenti, a lui venne intitolato l'Ospedale-Sanatorio milanese di Vialba (antica zona agricola poi entrata a far parte del comune di Musocco, a sua volta aggregato a Milano nel 1923).
Questo ospedale, inaugurato nel 1931, per trattare e contrastare la tubercolosi, fu uno uno dei primi tisicomi di pianura sorti in Italia. 
Oggi l'ospedale Sacco, in via Grassi, è centro di riferimento per le emergenze epidemiologiche e per importanti patologie infettive, oltre che per altre varie malattie di natura oncologica, cardiologica, ecc., e rappresenta una delle realtà ospedaliere milanesi più conosciute a livello nazionale.
sacco vaccino vaiolo milano

Bibliografia
Porro A., Luigi Sacco e la prima grande campagna di vaccinazione contro il vaiolo in Lombardia, 1800-1801, 2012

Mauro Colombo
marzo 2020, ultima modifica gennaio 2022
maurocolombomilano@virgilio.it


vaccinazione contro il vaiolo a milano
Il sindaco Beretta invita alla vaccinazione