Dopo alcuni tentativi sperimentali (come quello dell'ing. Brey, che nel 1832 illuminò a gas la Galleria De Cristoforis), nel giugno 1843 il Comune di Milano, con contratto rogato dal notaio Tommaso Grossi, concesse alla società
dell'ingegnere Jules Achille Guillard (1799-1876) l'appalto per l'illuminazione
pubblica mediante gas, autorizzandola anche a costruire un apposito stabilimento di produzione del gas.
Sistemi simili erano già in funzione da qualche anno sia a Torino che a Venezia, dove stavano dando soddisfazioni anche in termini di costi. Mentre nel resto d'Europa, e Oltreoceano, era ormai prassi consolidata da almeno due decenni illuminare a gas le grandi città.
Sistemi simili erano già in funzione da qualche anno sia a Torino che a Venezia, dove stavano dando soddisfazioni anche in termini di costi. Mentre nel resto d'Europa, e Oltreoceano, era ormai prassi consolidata da almeno due decenni illuminare a gas le grandi città.
La località dove edificare l'impianto produttivo fu scelta fuori porta Lodovica, nel borgo di san Celso, nel Comune dei Corpi Santi (in quella porzione di città oggi compresa tra Via
Sarfatti, Via Bocconi, Viale Bligny, Via Roentgen). Inizialmente sorgeva accanto alla via Teuliè, per poi espandersi anche dall'altra parte della via.
Dopo la prima guerra, lo stabilimento fu collegato con apposito binario di servizio alla vicina linea ferroviaria di circonvallazione, cosa che permise un più facile approvvigionamento di carbone.
L'impianto industriale fu edificato in un recinto di "15 pertiche", con un portico di 114 metri per riporvi il carbone, un'officina con 48 forni (per trasformare il carbone in gas) e un gasometro (per immagazzinare il gas prodotto pronto all'immissione nella rete) da 1850 metri cubi. A quest'ultimo si affiancarono ben presto due altri gasometri di eguale capacità.
La
prima rete di distribuzione del gas comprendeva circa 15 Km di tubazioni
interrate, realizzate in lamiera di ferro galvanizzata. L'interramento dei tubi avvenne ad una profondità tale da evitare sia la loro dilatazione dovuta alle temperature esterne, sia il loro schiacciamento dovuto al passaggio dei carri.
L'impianto e il servizio furono così inaugurati il 31 luglio 1845.
L'illuminazione delle vie e piazze fu garantita da 377 becchi, da dove usciva il gas pronto per essere infiammato. A questa operazione era preposto un operaio gasista che con scala o pertica accendeva il gas dopo aver aperto i rubinetti dei lampioni stradali.
L'illuminazione a gas era pensata naturalmente anche per i cittadini.
Chiunque abitasse nelle vie raggiunte dai tubi poteva chiedere che la propria abitazione venisse allacciata all'impianto del gas, onde ottenere un'illuminazione domestica più potente, più economica e più pulita rispetto a quella data dalle candele o dalle lampade ad olio.
Nelle abitazioni venivano introdotti sottili tubi di rame con rubinetti, e venivano poi stipulati contratti di somministrazione annuali per chi poteva fissare un "regolare orario per l'accensione dei becchi" (come nei negozi o negli uffici), oppure a consumo, ed in questo caso il prezzo era stabilito un tanto metro cubo, la cui misura si faceva "mediante una macchinetta d'ingegnosa costruzione" (il contatore).
Tuttavia i costi per l'utenza privata non si dimostrarono poi così vantaggiosi, tanto che la luce a gas rimase appannaggio delle dimore patrizie o degli esercizi commerciali o produttivi. Il ceto medio (e il popolo) continuerà per almeno due decenni ad illuminare le proprie stanze con le collaudate lampade ad olio.
La partenza al rallentatore per lo scarso entusiasmo dei milanesi portò dopo un solo anno alla vendita dell'Officina del gas e della rete distributiva a Jean Baptiste Roux.
Gli irrisolti problemi di ritorni economici fecero sì che di lì a qualche anno l'impresa Roux e C. venisse rilevata, questa volta da una
più solida società, con impianti ed interessi in molte città europee, la Union des Gaz di Parigi, che dal
1859 in avanti mantenne il monopolio.
Dopo l'unità d'Italia l'illuminazione a gas iniziò a diffondersi maggiormente, sia in termini di zone raggiunte dal servizio, sia come numero di utenti allacciati (ora anche la borghesia voleva le proprie abitazioni illuminate a gas). Così l’aumento
della domanda e dei consumi spinsero la Union des Gaz a costruire una
nuova officina di produzione, sempre fuori Porta Ludovica, poco distante dalla primitiva sede.
Nel 1870 entrò nel mercato del gas una seconda società, la “Compagnia lombardo-veneta
per la carbonizzazione dei fossili terziari”, di Jean-Jaques di Guillet, che
aveva ottenuto l’esclusiva per la fornitura al Comune dei Corpi Santi ed
alla stazione centrale delle ferrovie (con officina e gasometri in Porta Nuova).
Il progresso, seppur lentamente, si era affermato.
Ma presto il gas sarebbe diventato il combustibile per la cottura dei cibi e il riscaldamento, visto che l'illuminazione diventerà elettrica, con la Edison del professor Colombo (nel corso del 1882-83 fu infatti eretto l’edificio della Centrale elettrica di via santa Radegonda).
Ma presto il gas sarebbe diventato il combustibile per la cottura dei cibi e il riscaldamento, visto che l'illuminazione diventerà elettrica, con la Edison del professor Colombo (nel corso del 1882-83 fu infatti eretto l’edificio della Centrale elettrica di via santa Radegonda).
FONTI
"La nuova illuminazione in Milano col metodo per preparare il gas e per servirsene" Milano, 1844
mauro colombo
aprile 2017
maurocolombomilano@virgilio.it