Il sistema dei navigli milanesi rappresentò per secoli una eccezionale ricchezza: grazie al naviglio Grande, al Pavese, al Martesana, e alla fossa interna, la città poteva contare su una validissima rete per il trasporto delle merci e una fonte importante per l'irrigazione di campi e orti. Senza dimenticare la forza motrice che in più punti i navigli regalavano alla città, con i salti d'acqua e i mulini che ne sfruttavano la corrente.
In cambio, erano necessarie puntuali manutenzioni, alle rive e ai fondali, affinchè i barconi potessero circolare e l'igiene essere garantita.
Qualche disagio sicuramente la fossa interna (l'erede del fossato difensivo medievale) lo dava: in estate, o durante le asciutte, il rischio di cattivi odori era sempre in agguato. Ma per secoli tutto venne sopportato in cambio degli indiscutibili vantaggi.
Purtroppo nell'ottocento qualcosa iniziò a cambiare.
Fu inizialmente il professore Verga, nella sua qualità di
direttore dell’Ospedale Maggiore, a lamentarsi dei miasmi e della cattiva influenza sulla salubrità dell'aria che il laghetto di santo Stefano procurava ai malati del suo nosocomio, proprio contiguo.
La storia del laghetto, la sua preziosa funzione per lo scarico dei marmi per il Duomo provenienti da Candoglia, non smossero di un millimentro la mente progressista dello scienziato. Il quale, approfittando della presenza in città dell'imperatore Francesco Giuseppe d'Austria, nel 1857, lo convinse ad ordinare alla Municipalità di interrare lo specchio d'acqua.
Fu il primo atto della morte del sistema dei navigli milanesi.
Nel 1882 si decise per un'altra soppressione, quella del tratto di cerchia di San Gerolamo (attuale via
Carducci) fino al primo tratto della attuale via De Amicis.
E mentre il Comune annunciava, con molti rinvii, la copertura di altri tratti della fossa interna, nel 1906 venne interrato il Redefossi di via Vittorio Veneto.
Nel 1928, il Corriere della Sera inasprì la sua campagna stampa contro i cattivi odori che promanavano dalla fossa interna. A luglio, vuoi per il caldo, vuoi per la siccità, la situazione divenne insopportabile, e il giornale si schierò dalla parte dei cittadini esasperati di porta Genova e di via Vallone, chiedendo perchè le Autorità tardassero ad eseguire quei lavori tante volte promessi.
Marcello
Visconti di Modrone, nominato podestà di Milano nel 1929, prese subito a cuore il problema, ma volle giustificarsi davanti a chi si opponeva alla chiusura della fossa interna, affermando che la sua non era una decisione, bensì solo un atto dovuto nel rispetto di precedenti delibere comunali mai eseguite.
Così, l'asciutta del marzo 1929 sancì la fine della navigabilità nella fossa interna. Da quel momento l'acqua non verrà più immessa.
Subito dopo, verso l'estate, iniziarono i lavori per la copertura della fossa, con tanto di cerimonia inaugurale, svoltasi tra via Vallone e l'attuale piazza Resistenza partigiana.
I lavori, portati aventi a ritmo serrato, vennero completati nell'autunno del 1930.
Con l'arrivo del 1931, della fossa interna rimase solo il ricordo in dipinti e fotografie, e al suo posto i milansesi salutarono la nascita di una moderna e scorrevole strada di circonvallazione, che presto verrà percorsa da una moderna linea di autobus, con frequenza di 5 minuti.
Subito dopo, verso l'estate, iniziarono i lavori per la copertura della fossa, con tanto di cerimonia inaugurale, svoltasi tra via Vallone e l'attuale piazza Resistenza partigiana.
I lavori, portati aventi a ritmo serrato, vennero completati nell'autunno del 1930.
Mauro Colombo
aprile 2018
maurocolombomilano@virgilio.it