La storia di Milano, i suoi luoghi, i suoi personaggi. Un blog di Mauro Colombo

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venerdì 29 agosto 2014

Via Magolfa: la chiesa di S.Maria del sasso o del sangue


magolfa santa maria del sasso


In via Magolfa 13 è possibile vedere, con un po' di attenzione, una chiesetta, che a dire il vero si distingue da una normale abitazione solo grazie al piccolo campanile.



In questa pittoresca foto degli anni settanta la chiese è proprio dietro all'imbianchino....

magolfa

La chiesuola è dedicata a Santa Maria del Sasso, o del Sangue, e fu eretta nel 1500 per volontà di alcuni milanesi che erano devoti a questa particolare Madonna, a sua volta venerata nel piccolo comune di Re, in val Vigezzo, sopra Domodossola.
Nel paese vigezzino, il 29 aprile 1494, un affresco (dipinto sul muro della chiesa locale) raffigurante la Madonna in procinto di allattare Gesù (e per questo chiamata Madonna del latte), iniziò a sanguinare copiosamente dopo che un abitante del posto (tal Giovanni Zucono) vi aveva scagliato un sasso in preda all'ira o ai fumi dell'alcool.




Il miracolo di Re fu all'epoca documentato da numerosi notabili del posto e accertato dal Vescovo.
In seguito la chiesa di Re venne più volte ingrandita, fino a che la porzione del muro affrescato finì con il trovarsi al centro del nuovo edificio, sopra il nuovo altare, dove ancora oggi può essere ammirato.







Accanto alla chiesa, negli anni trenta del novecento, si iniziò a costruire un imponente Santuario, portato a compimento negli anni Sessanta.



A Milano, fino all'avvento dei moderni impianti di riscaldamento, le canne fumarie erano tenute pulite da una comunità di spazzacamini che arrivava proprio, stagionalmente, dai vari paesi della valle Vigezzo (ancora oggi là festeggiano a settembre questo lavoratore ormai scomparso).
Così, i 150-200 spazzacamini che venivano a lavorare a Milano, la sera si ritrovavano all'Oratorio di via Magolfa perché l'immagine li faceva sentire meno lontani dal proprio paese. Divenne così la chiesa degli spazzacamini, e la Madonna la loro protettrice.
La chiesa di via Magolfa è visitabile un paio di pomeriggi a settimana, come riportato su un cartello affisso al portoncino.




mauro colombo
agosto 2014
(ultimo aggiornamento: dicembre 2015)
maurocolombomilano@virgilio.it





lunedì 25 agosto 2014

Dal Bottonuto di ieri alla piazza Diaz di oggi



bottonuto diaz milano

bottonuto diaz milano
Oggi,  in collegamento tra piazza Duomo, via Larga e piazza Missori, si apre una moderna piazza  porticata su tre lati, con un vasto parcheggio sotterraneo, dedicata al generale Armando Diaz
Ma fino agli anni Trenta, prima cioè che un infelice progetto e uno scempio edilizio si abbattessero in questa zona, l'area era occupata da un antichissimo e intricato quartiere della Milano medievale, chiamato Bottonuto.
Si trattava di un reticolo di viuzze e botteghe, chiese e postriboli, carretti di venditori ambulanti e vagabondi, tanto pittoresco quanto malfamato, al punto da essere definito da Paolo Valera "una fogna, una pozzanghera". 
Vediamo un paio di mappe della zona prima che iniziassero gli sventramenti.

bottonuto diaz milano


bottonuto diaz milano
Il nome Bottonuto non ha facile o certa interpretazione: di sicuro sullo sbocco nella via Larga sorgeva una pusterla che permetteva di entrare in città attraverso le mura romane. Questa venne ad un certo punto chiamata Buttinugo, forse dal nome di un soldato tedesco arrivato col Barbarossa. Vi sorgeva anche un ponte, detto pons necis, per non si sa quale uccisione ivi avvenuta. 
Nel Bottonuto vi si entrava agevolmente proprio dalla via Larga, dopo essersi lasciati alle spalle la via Pantano e Poslaghetto
bottonuto bottonuto diaz milanoAll'ingresso si ergeva una colonna votiva, detta di S.Glicerio. La colonna, che sorreggeva una croce, venne spostata dove ancora oggi si trova, ai Boschetti, in via Marina.
Superata la colonna, si apriva uno slargo detto del Bottonuto. 
Ai lati dello slargo due miseri vicoli a fondo cieco: quello delle Quaglie e quello detto Budellino o Cantoncello


bottonuto diaz milano cantoncello


Il quartiere si snodava attraverso quattro vie principali: la contrada dei Moroni, quella dei Pesci, quella di san Giovanni in Conca (ma prima ancora detto dei marchesi di Caravaggio) e infine quella dei Tre Re (Magi). Questa venne in epoca di Cisalpina ribattezzata Tre Alberghi, visto che i riferimenti religiosi o comunque monarchici non erano ben accetti e prendendo spunto dal fatto che sulla si affacciavano, in effetti, tre antichissimi alberghi (appunto, quello dei tre re, quello del cappello rosso e quello reale). Da allora il nome definitivo divenne quello "laico".

bottonuto diaz milano


bottonuto diaz milano lateranoQuasi a metà della contrada dei tre Alberghi si formava un piccolo slargo, e vi si trovava la chiesa di San Giovanni Itolano, a fianco della quale partiva un omonimo vicolo e innanzi la quale si ergeva un'altra colonna devozionale, dedicata a san Castriziano (in cima si trovava un crocefisso benedetto da San Carlo Borromeo)
Chiesa di antichissima fattura (III secolo d.C), prese tale nome a partire almeno dal 1388 (secondo il Latuada, tomo II p. 240 ) poi rimaneggiata in epoca barocca su disegno di Bernardo Bussero nel 1634.
L'appellativo Itolano o anche Isolano, fu poi mutato in Laterano, per aver papa Leone X concesso alla chiesa le medesime indulgenze previste per il san Giovanni Laterano di Roma.
Leggendo il Latuada, apprendiamo che la chiesa ad un'unica navata ospitava due cappelle per ciascun lato.
Sulla facciata, un bel bassorilievo raffigurava "la decollazione del Santo, opera di Carlo Bono, scultore milanese".



Questa antichissima zona di Milano si avviò alla morte nel 1928, quando  il Comune stipulò un accordo con  una società italo-americana per la costruzione di un edificio a dieci piani, di cui due sotterranei, per uffici, magazzini e negozi; per un albergo di 400 stanze e un cinema-teatro capace di 3.000 posti. Questi edifici si dovevano disporre ai lati di uno stretto cortile rettangolare porticato.
Questo "cortilone" (che ora sappiamo essere l'antenato dell'attuale piazza Diaz) era funzionale alla grande arteria viaria a scorrimento veloce (una specie di autostrada!) detta la "Racchetta" che, nel Piano Regolatore del 1926, avrebbe dovuto collegare piazza S. Babila a via  Monti
Secondo le ottimistiche previsioni di allora "la Racchetta muove da piazza S. Babila, s’inoltra in località occupate da isolati di vecchi, decrepiti edifici (via Passerella, S. Vito al Pasquirolo) fino all’ex Tribunale. Qui la strada s’inserisce in via Larga per penetrare proprio in quella vecchia superstite e romantica Milano e raggiungere piazza Missori; dopo aver smantellato S. Giovanni in Conca, speronato l’antico liceo Beccaria, tagliandone una larga porzione per sottopassare via Torino, la via attraversa le strade del quartiere antico di via Cappuccio, S. Orsola, Ansperto, S. Agnese, Terraggio, per congiungersi con via V. Monti." Sappiamo per fortuna che i lavori si interruppero prima di arrivare a tanto scempio (anche se mutato il piano regolatore, alcuni disastri erano ormai compiuti!).

bottonuto diaz milano

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Chi voleva recarsi in centro avrebbe quindi potuto trovare una grande area parcheggio con tanto di centro commerciale e ricreativo, in comunicazione con piazza Duomo attraverso alte gallerie tra le vie Cappellari e Rastrelli. In fondo al cortilone si aprivano due nuove vie, Gonzaga e Baracchini, che ricalcavano, con un’ampiezza molto maggiore, l’antico vicolo di S. Giovanni in Conca e la via Visconti.

Gli accordi con la società italo-americana vennero ufficializzati con decreto del 20 novembre 1930 e, in forza del progetto, si iniziarono gli espropri (peraltro alquanto vantaggiosi per i proprietari) da parte del Comune. Gli operai iniziarono così, nel giro di qualche anno, a demolire la chiesa di San Giovanni e tutte le antiche costruzioni del quartiere.

bottonuto diaz milano laterano


bottonuto diaz milanoA demolizioni ampiamente iniziate, con un vero e proprio cantiere gigantesco a due passi dal Duomo, la società decise (perchè e a quali condizioni non saprei) di ritirarsi dall'affare, lasciando solo una enorme spianata.
Nel 1933 intervenne Piero Potaluppi, progettando i palazzi del lato destro, per l'INA.
Vediamo in una mappa degli anni trenta come si presentava la zona.

Contro l’intero progetto, ormai snaturato nel suo aspetto iniziale, si scagliarono vivaci oppositori, sia per l’esorbitante costo dell’operazione di esproprio, sia per la distruzione del centro storico. L’ingegnere capo del Comune, Baselli, scriveva nel 1936: "Mentre all’inizio si pensava di accollare alle ditte costruttrici una notevole parte delle spese per la sede della piazza e delle strade, praticamente ne risultò un onere che già supera i 25 milioni per un’area di 8.200 mq". L’arch. De Finetti valutò l’onere complessivo per piazza Diaz in 125 milioni nel 1937. A favore il Corriere della Sera, che in un articolo del 25 settembre 1936 esprimeva il suo entusiasmo per l’operazione: "Il Comune, opportunamente stimolando e coordinando le sue iniziative, è riuscito a far sparire quell’orribile cumulo di catapecchie che era compreso tra le vie Cappellari e Paolo da Cannobio. Necessità igieniche e sociali esigevano tale opera di risanamento".
bottonuto diaz demolizioni
Nel 1937 si modificò ulteriormente il progetto trasformando il cortilone (30 x 116 m) in piazza (60 x 100 m), definendo nel 1938 la quantità esatta di case da demolire per completare il progetto.
Nel gennaio 1940 il Comune perfezionò le delibere per l’acquisto delle aree necessarie al completamento meridionale di piazza Diaz, questa volta facilitato dal clima bellico e dai successivi bombardamenti. Nel frattempo anche la "Racchetta" si arenava davanti all’abside di S. Giovanni in Conca in via Albricci (chiesa che verrà del tutto demolita nell'immediato secondo dopoguerra, quando ripresero i lavori per la racchetta, che si fermò definitivamente in piazza Missori, davanti al deciso divieto, espresso dalla Sovraintendenza, alla demolizione del liceo Beccaria).

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Alla fine della guerra i lavori erano lontani dall'essere terminati, ma nel marzo del 1950 la situazione appariva quasi al traguardo, come scriveva il Corriere della Sera.



bottonuto diaz demolizioni


Rimaneva irrisolto il problema di come chiudere il fondo della piazza, che rappresenta una quinta scenica simmetrica con l’arco trionfale della Galleria. Nessun progetto sembrava intonarsi né allo stile Anni Trenta della piazza, né agli edifici di piazza Duomo. 
Si ricorse allora a uno stratagemma: si simulò l’attuale Torre Martini con un fac-simile in tubolari per saggiarne l’impatto ambientale. 

bottonuto diaz milano martini



bottonuto diaz milanoSuperata la prova, nel 1958 la Torre venne completata e con essa l’assetto finale della piazza, che inizialmente, e per molti anni, ospitò al centro un vasto parcheggio, e sotto il parcheggio interrato ancora oggi in funzione.
bottonuto diaz milano

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Solo recentemente, la piazza è stata parzialmente riconvertita a verde, con al centro  il monumento ai Carabinieri di Luciano Minguzzi.


bottonuto diaz milano



Bibliografia


Latuada S., Descrizione di Milano (...), tomo II, 1737,
Pellegrino B. Così era Milano, Porta Romana, 1985

mauro colombo
agosto 2014
ultimo aggiornamento: maggio 2017
maurocolombomilano@virgilio.it


sabato 9 agosto 2014

Marchi motociclistici milanesi (parte II) M-Z

Marchi motociclistici milanesi-parte II (M-Z)
Per la prima parte (A-L), clicca qui

MA
1939
Mafalda
Moto leggere a due tempi da 123 e 173 cc.

1923-1928
Maffeis
Anche se alcune fonti leggendarie riportano come Bernardo Maffeis avesse costruito la sua prima moto nel 1895, solo nel 1903 apparve un modello con motore Sarolea da 2 cv. In seguito i fratelli Maffeis costruirono bicilindriche a V e, negli anni '20, modelli con motori Blackburne da 250 a 500 cc con valvole laterali e in testa.
1903-1935
Magni
Luigi Magni costruì una moto bicilindrica da 350 cc con cilindri orizzontali e con albero a camme in testa azionato da un secondo albero, che però non raggiunse mai la produzione di serie. Nel 1930 fu prodotta una monocilindrica convenzionale con cilindro verticale da 500 cc.

1928-1930
Manara
1931
Mantovani
1902-1910
Marchand e Orio di Musocco
1894-1899
Marchetti
1926-1927
Marchitelli
Ruota motorizzata con motore a due tempi da 38 cc da sostituire alla ruota posteriore di una bicicletta.

1947
MAS
Alberico Seiling realizzò piccole motociclette con motori da 123 cc con valvole in testa partendo da telai di bicicletta. In seguito furono prodotte monocilindriche a quattro tempi da 123 a 568 cc con valvole laterali e in testa. Alla fine degli anni '30 le Mas disponevano di sospensione posteriore.
Nel 1937 Seiling lasciò la MAS per fondare la propria marca. Durante la guerra la MAS rifornì di motociclette l'esercito italiano. Dopo la guerra non riuscì più a tornare ai livelli precedenti: né la Stella Alpina da 122 cc con valvole in testa e raffreddamento forzato ad aria né una bicilindrica da 500 cc con albero a camme in testa riscossero il successo sperato. Nel 1953 apparve il prototipo di una 500 Grand Prix con doppio albero a camme in testa. In breve la MAS si ridusse a costruire moto da 125 cc e ciclomotori con motori Sachs.

1920-1956

Mattei
1925
MAV Jolly
1951-1979
Mazzilli
Giorgio Mazzilli costruì fuoristrada da corsa con motori a due tempi Sachs da 125 a 250 cc modificati su telai convenzionali.

1970-1975
Mazzucchelli
Poche moto leggere equipaggiate con motori tedeschi Alba da 198 cc su telai convenzionali. Sede in via Paolo Sarpi

1925-1934
MDS
I fratelli Scoccimarro (Moto Di Scoccimarro) costruirono una moto leggera da 65 cc con valvole in testa, telaio aperto e ruote da 41 cm, cui fece seguito un modello più convenzionale dotato di motori da 70 fino a 80 cc.

1955-anni 60
Meccanica NVB
1956-1957
Mediolanum
1947
Medusa
Moto sportive a due cilindri paralleli da 175 cc con doppio albero a camme in testa su telai convenzionali, progettate da Luciano Pasini e costruite da Vasco Loro, famoso pilota.

1957-1958
Meiller
1923
Meteora
Angelo Zanasi costruì la prima Meteora con un motore OMS da 175 cc con albero a camme in testa. Dal 1955 le moto leggere montarono motori FB, NSU e Franco Morini da 50 a 100 cc.
1955-1966
MFG
Francesco Garanzini, fratello di Oreste delle Moto Garanzini, costruì moto leggere con il suo motore a due tempi da 142 cc e montò motori monocilindrici Blackbume con valvole in testa su telai di propria produzione.

1920-1926
Miller/Balsamo
I fratelli Balsamo di Milano, concessionari delle Excelsior americane iniziarono la produzione costruendo moto con motori Moser da 175 cc. Nel 1928 fabbricarono il proprio motore da 175 cc con valvole in testa, che si guadagnò un'eccellente reputazione sportiva. Nel corso degli anni '30 Miller costruì moto con motori a quattro valvole Rudge Python da 250 e 500 cc e con motori propri da 98 e 250 cc. Nel 1939 apparve una moto completamente carenata con un motore da 200 cc con valvole in testa, che dopo la guerra fu riproposta con il nome Jupiter. La produzione comprendeva anche moto da 175 cc con albero a camme in testa e da 250 e 500 cc. Nel 1959 terminò, certamente non in gloria, producendo per poco tempo ciclomotori economici.

1921-1959
Minimotor
Motori per bici da 49 e 87 cc progettati da Vincenzo Piatti, che in seguito creò l'omonimo scooter, costruito in Inghilterra e in Belgio. La Motorminima era una moto completa caratterizzata da un telaio pieghevole.

1945-1956
Miro Maffeis
1933-1935
Moglia
1923
Molteni vedi FM Molteni

Monteverdi
1925-1929
Moschita Cassani
anni 50
Moser
1925-1935
Moto Reve
 Costruì mono e bicilindriche a V da 300 a 497 cc su licenza della svizzera Moto-Reve.

1908-1925
Motoclipper
moto leggera con motore a quattro tempi Ducati da 60 cc.

1948-1949
Motom
Nel 1945, l’ing. Falchetto, col supporto degli industriali De Angeli Frua, costruì dapprima motori per bici a quattro tempi e poi ciclomotori completi. La sua prima motocicletta fu l'insolita Delfino da 147 cc con valvole in testa del 1950, dotata di un motore raffreddato a ventola montato sotto il sellino. La 98TS del 1953 disponeva di un motore orizzontale da 98 cc con valvole in testa montato su un telaio in acciaio stampato con sospensioni in gomma. Durante gli anni '50 produsse moto a quattro tempi convenzionali. Negli anni '60 subì un momentaneo declino, nonostante producesse ottime moto a due tempi con motori Peugeot e Zundapp da 49 cc.

1948-oggi

Musa
Moto a due tempi da 70 cc con sospensione posteriore a cantilever e ciclomotori con il motore Ducati Cucciolo.

1947-1949
Nagas & Ray
Alessandro Nagas e Tullio Ray, concessionari per l’Italia di lndian e Zundapp, costruirono monocilindriche da 348 cc con valvole laterali e in testa, cambio a tre marce e volano esterno progettate da Giuseppe Remondini.
1925-1928
Nassetti
Fabbricante di magneti e componenti aeronautici, produsse i Pellegrino, motori per bici a due tempi da 49 cc e, dal 1956, moto complete.

1951-1959
Nb
1935-1941
Nec
1925
Necchi
Produzione limitata di moto leggere con motori Ducati Cucciolo, Garelli Mosquito, Villiers e Sachs.

1950-1953
Negrini
1904
Negroni
1904
O. Garanzini
1921-1931
OASA
Succeduta alla Aliprandi, la OASA costruì moto con motori Ladetto a quattro tempi da 173 cc e JAP da 246 e 346 cc.

1930-1933
Olmi
1930-1935
Olympia
La Borghi, fabbrica di biciclette, produsse ciclomotori a due tempi e moto leggere da 50 e 125 cc.

1952
OMEA
Progettata da Carlo Bottari e costruita in numero limitato a Milano, la Omea era una due tempi da 124 cc con cambio a tre marce, telaio in lega e forcellone posteriore. La forcella a bracci oscillanti con perno anteriore e molle centrali era dotata di ammortizzatore idraulico.

1950-1953
Ome-Giordani
1920-1921
Opessi
1936
OR
Costruì motori per bici e alcune motociclette con motori da 175 cc con valvole laterali o in testa.

1928-1931
Orione
Guido Carpi produsse a Milano due tempi da 87 e 125 cc e un modello da 124 cc con valvole in testa. I motori erano venduti anche da soli. Le officine erano a Porta Venezia.
Con una Orion 125 Nello Pagani inizia la sua carriera di campione.

1923-1928
1928-1933
Osculati
1930
Oswego
1924-1927
Pappagallo
1926-1927
Parilla
Giovanni Parrilla, giunto a Milano nel 1927, iniziò come licenziatario Bosch e costruì le sue prime moto da corsa nell’immediato dopoguerra utilizzando come marchio il proprio cognome al quale tolse tuttavia la seconda “r”.
Nel 1950 la gamma comprendeva monocilindriche a due tempi da 98, 123 e 249 cc. E successivamente entrò in produzione una monocilindrica da 174 cc e una bicilindrica da 348 cc con albero a camme in testa. Furono prodotti anche scooter e ciclomotori, tra i quali nel 1956 la Slughi da 98 e 123 cc, dotata di carenatura semi-integrale e di un motore a singolo cilindro orizzontale a due e quattro tempi, una sorta di ibrido tra moto leggera e scooter. Furono esportati modelli da strada, da corsa e scrambler da 175 e 250 cc.
1946-1965

Parvus
Costruì motori per bici a due tempi da 104 cc e una moto da 123 cc.
1920-1926
Passarin
1935
Paton
Giuseppe Pattoni, ex Mondial, costruì moto da corsa competitive, a dispetto del budget ridotto e Lino Tonti lo aiutò a modificare le sue prime 125 e 175 (il marchio nasce dalla crasi delle prime lettere dei loro cognomi: Pa-Ton).
Nel 1964 la Paton creò una bicilindrica da 250 cc con doppio albero a camme in testa, poi una 350 e una 500 a quattro tempi. Nel 1976 fu prodotta una 500 cc a due tempi. Lo sviluppo delle due tempi continuò fino a metà degli anni '80, ma la carenza di fondi segnò la fine dell'impresa.

1958-anni 80
Pegaso
Ex impiegati della Motom produssero ciclomotori a quattro tempi e un numero limitato di moto da 60 cc, montando su telai in acciaio stampato motori con valvole in testa pivotanti insieme alla sospensione posteriore.

1956-1961
Piva
1922-1925
Pirotta
Piccola ditta che costruì motori appesi da 40 cc, ciclomotori e moto leggere da 75, 125 e 160 cc.

1949-1958
PM
1941-1942
Polet
Achille Polet costruì alcune moto con motore da 481 cc con valvole di aspirazione sopra quelle di scarico.
1923-1927
Poletti
1923-1927
Ponzio & Marchi
anni 10
Porpora
1926-1935
Prinetti & Stucchi
Fabbrica di biciclette fondata nel 1875 dall’ing. Giulio Prinetti e dall’ing. Stucchi, nel 1898 costruì un triciclo tipo DeDion e nel 1901 un motore a quattro tempi da 2 cv applicato ad una motocicletta. Dal 1902 divenne Stucchi & co., e nel 1905 Carlo Liedi progettò alcuni modelli da 3 e 4 cv con valvole laterali e trasmissione a cinghia. Durante la guerra fu diretta da Adalberto Garelli (che nel 1919 fonderà la propria Casa) e subito dopo il conflitto vennero costruite bicilindriche a V da 500, 750 e 1000 cc. Nel 1924 la produzione rallentò e, fino al 1926, si limitò a monocilindriche da 350 e 500 cc.
1898-1926
PS
1925
RAM
1910
Ranzani
Moto leggere con motori Heros da 175 cc e Norman da 170 cc con valvole in testa.

1918-1938
Rapid
Motori per bici da 48 cc.
1953-1955
RAS
Moto costruite da Achille Fusi con motori JAP da 175 a 490 cc.

1932-1936
Rebus
1908-1910
Restelli
1905-1907
Ricordi
1898-1902
Rossi
Produzione limitata di motociclette leggere dotate di motore Sachs da 123 cc.

1951-1955
Rosso
1925-1927
Royal
I fratelli Santagostino costruirono una due tempi da 123 cc e alcune quattro tempi con motori JAP.

1923-1928
Royal Prince
1933-1934
Royal Super
1923-1928
SACMERA
1939
Salve
Produsse una monocilindrica da 496 cc a valvole laterali con telaio tubolare.

1925-1926
San Cristoforo
Produsse due richiesti scooter: prima il nibbio, poi la sua evoluzione, il simonetta
1951-1954
SEI , poi Seiling
Lasciata la MAS, Alberico Seiling fondò l'omonima marca e creò una monocilindrica da 350 cc a valvole laterali con cambio integrato a tre marce, volano esterno e sospensione posteriore. Nel 1939 il nome cambiò in Altea.


1937-1938
1939-1939
Senior
Motociclette costruite da Bonzi & Marchi utilizzando motori Moser mono e bicilindrici a V con trasmissione a cinghia o a catena.

1912-1914
Serri
1958
Sertum
Le Officine Meccaniche Fausto Alberti S.p.A. aprirono a Milano nel 1922 per la produzione di utensili, macchine utensili e in generale macchinari per lavorazioni meccaniche di precisione. Fu nel 1931 che nacque un reparto motociclette, contraddistinto dal marchio Sertum (in latino Corona d’alloro), che subito realizzò, su disegni originali, una 175 cc 4 tempi a valvole laterali con telaio tubolare. In seguito sviluppò modelli simili da 200, 250 e 500 cc, nonché una bicilindrica da 500 cc a valvole laterali, una due tempi da 120 cc con telaio in acciaio stampato e una 250 cc con valvole in testa. Il successo di pubblico permise alla società di aprire un grande impianto produttivo in viale Certosa, da dove uscirono monocilindriche a quattro tempi da 250 e 500 cc e bicilindriche da 500 cc con valvole laterali o in testa, con telai in acciaio stampato, sospensioni posteriori e forcelle a parallelogramma (nonché i sempre richiesti motocarri e motocarrozzette a tre ruote). Durante la guerra produsse per l’Esercito, e dopo il conflitto si distinse in campo agonistico, fino a quando, nel 1952 dovette chiudere i battenti per mancanza di fondi.
1931-1952

Sidus
1935
Silens
1939
SIM
La Società Italiana Motoscooter, realizzò il famoso scooter Ariete dotato di un motore a due tempi da 150 cc e di trasmissione ad albero. Il modello successivo, il Moretti, era equipaggiato con un motore a cilindro sdoppiato Puch da 125 cc.
1955-1958
Sirtori
1900-1914
SNAIP
1924
Sorati
1926-1927
Soriani
1922-1927
Spengler
1923
Stucchi
1953
Superba
Costruì un numero molto limitato di moto leggere con motori Piazza e JAP da 175 cc.

1933-1935
Supermoto
Di Luigi Angelino, era una motocicletta dotata di telaio aperto e di un motore a cilindro orizzontale da 350 cc con valvole laterali e raffreddamento forzato.

1925
Tappella Fuchs vedi fuchs

Taurus
Fabbrica di biciclette nata nel 1909, nel 1932 acquistò la MG, fabbrica di moto modenese. In seguito apparvero sul mercato moto con il marchio Taurus quasi identiche alle MG, tra cui modelli dotati di motori monocilindrici da 175 a 500 cc con valvole o albero a camme in testa, alcuni dei quali con sospensione posteriore a barra di torsione. Nel 1938 fu costruita una moto da corsa con doppio albero a camme in testa, che non fu però mai prodotta in serie. Dopo la guerra, la Taurus costruì ciclomotori e moto, tra cui una 175 cc con albero a camme in testa, una due tempi da 160 cc e una 250 cc con valvole in testa.
1933-1940
1955-1966

Taveggia
1924
Tosi
1926-1927
Turinga
1942
Turkheimer
Mosè Max Turkheimer iniziò la carriera nel 1894 importando a Milano motociclette Hildebrand&Wolfmiller.
Dal 1900 inizia in via Lanzone a produrre biciclette e moto  con motori De Dion Buton.   Nel 1904 crea il suo primo motore a marchio Stella che viene venduto sia sciolto sia installato su moto marchiate Turkheimer.
Dopo una breve parentesi quale costruttore di piccole autovetture (le OTAV,  leggi qui  per approfondire) si dedicò alla produzione di veicoli a due ruote lasciando al figlio e al cugino un'avviata impresa, che continuò fino alla seconda guerra mondiale.


1900-1939 circa.

Vaga
Mario Vaga costruì moto leggere caratterizzate da abbondanti cromature usando motori JAP, Sturmey Archer, Blackburne e CF.
Una motocicletta partecipa al Gran Premio delle Nazioni di Monza, si tratta di una 175 con motore Blackburne e cambio Burman a tre velocità. Nel 1930, esce una 175 con motore CF e distribuzione ad albero a camme in testa.
1924-1936
Vaghi
1925
Vard micro
1942-1943
Verga
Produsse ciclomotori e moto leggere con motore da 75 cc su un telaio in acciaio stampato.

1951-1954
Veros
Oreste Garanzini costruì una versione modificata della moto inglese Verus
1921-1924
VG
Vittorio Grilli costruì un numero limitato di moto dotate di motori JAP. Aveva sede in via Benedetto Marcello 10.
1931-1935
Vis
1925
VUN
2006
VVV
1923-1926
VVV Garlaschelli
Angelo Garlaschelli produsse un numero limitato di due tempi da 125 cc.
1926-1928
Wilson
1915
Wolsit
La fabbrica di bici Legnano usò il marchio Wolsit per le sue prime moto da 3,5 cv con cambio a tre marce. Nel 1932 il nome Wolsit riapparve per l’ultima volta su una bicicletta dotata di motore Motosulm NSU montato sopra la ruota anteriore (in seguito la Legnano costruì ciclomotori con il proprio nome).
1910-1932
Zanoni
1952

Mauro Colombo
 aprile 2008
ultima modifica: luglio 2014 
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