La storia di Milano, i suoi luoghi, i suoi personaggi. Un blog di Mauro Colombo

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martedì 18 giugno 2019

Il brigadiere Pulvirenti, ucciso dal Bandito amico del Campione

pulvirenti polizia sante pollastri via govone

Spesso, se non quasi sempre, i banditi e i rapinatori diventano famosi ed entrano nella storia, mentre le loro vittime finiscono nell'oblio già pochi giorni dopo essere stati citati nelle colonne dei quotidiani.
Questa è la piccola storia del brigadiere Pulvirenti, quasi dimenticato al cimitero Maggiore, ucciso dalla famosa pistola del "Sante bandito dalla mira eccezionale", quello che "mette proprio paura".
La storia è quella della sparatoria avvenuta il 17 novembre 1926 in via generale Giuseppe Govone (una parallela di via Mac Mahon).
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In questa via, all'epoca molto più periferica di quanto non lo sia oggi, e precisamente al numero 18, si trovava una misera osteria, la Trattoria della Bruschera, di tal Colombo, frequentata dai manovali che gravitavano attorno al non lontano scalo ferroviario Farini.
In quel tardo pomeriggio, nel locale pubblico si erano infiltrati, travestiti da operai, tre Agenti di Pubblica Sicurezza: il maresciallo Giuseppe La Corte e i brigadieri Sebastiano Pulvirenti e Carlo Montanari.
Lo scopo era quello di catturare, dopo una soffiata, i rapinatori del colpo alla gioielleria di via Manzoni 44, avvenuta pochi giorni prima, il 13 novembre.
sante pollastri questura milanoPurtroppo l'operazione di polizia non andò nel verso giusto, e così La Corte e Pulvirenti caddero sotto il piombo dei rapinatori, che poterono così guadagnarsi la fuga.
Tra questi, vi era il noto delinquente Sante Pollastri, all'epoca vero "nemico pubblico numero uno", il "feroce bandito".

Rifugiatosi a Parigi, verrà là arrestato nel 1927 dal vicecommissario Rizzo della Questura di Milano, e poi condannato all'ergastolo, dopo l'estradizione in Italia.
pulvirenti polizia sante pollastri via govoneIl Brigadiere Pulvirenti riposa al cimitero Maggiore, in un ossario del Reparto 1, proprio nella zona dell'ingresso. Un corridoio umido nel sotterraneo, una piccola lapide 40x60 a far da tappo al suo ossario, giusto un fiore di plastica.
Pollastri è invece entrato nella storia, anche per la leggendaria amicizia con il campionissimo del ciclismo Costantino Girardengo  (erano entrambi di Novi Ligure), e rivive nella canzone "Il bandito e il campione", scritta da Luigi Grechi e interpretata da Francesco De Gregori nel 1993.




Mauro Colombo
giugno 2019
maurocolombomilano@virgilio.it

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domenica 9 giugno 2019

Paolo Andreani, il "montgolfier" milanese


andreani mongolfiera pallone aereostatico milano moncucco

Una data fondamentale nella storia dell'aviazione è quella del 5 giugno 1783: in una esibizione pubblica (dopo mesi di preparazione) i fratelli francesi Montgolfier fanno volare un pallone aerostatico ad Annonay
Il volo coprì circa 2 km, durò 10 minuti e raggiunse l'altitudine di quasi 2.000 metri. La notizia del successo raggiunse rapidamente Parigi.
Solo il successivo 21 novembre un pallone aerostatico portò in cielo un equipaggio umano. 
La notizia di questa straordinaria invenzione giunse presto anche a Milano, dove affascinò il nobile Paolo Andreani.
Nato il 27 maggio 1763 dal conte Giovanni Pietro Paolo Andreani (1705-1772) e da Clementina Sormani (1733-1763), si dedicò, come molti giovani nobili dell'epoca, alla poesia e alle scienze.

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La residenza Andreani-Sormani, e il bel giardino retrostante (ancora oggi palazzo Sormani, in corso di porta Vittoria, sede della Biblioteca centrale comunale, ha un piccolo appezzamento di verde alle sue spalle) videro probabilmente i primi rudimentali esperimenti del giovane sognatore milanese.
Convinto di potercela fare, ad imitazione dei fratelli Montgolfier, costruì nella villa campestre di Moncucco (Brugherio) con l'aiuto dei fratelli Agostino e Giuseppe Gerli, un pallone di oltre 7.000 metri cubi. 
I tre si librarono in aria il 25 febbraio 1784. Andreani ripeterà l'esperimento poco dopo, il 13 marzo, accompagnato nel cestello di vimini dai falegnami Rossi e Barzago. Il pallone raggiunse i 1.800 metri di quota, e volò per 35 minuti, fino a Carugate.

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La folla andò in visibilio: l'uomo volava! 
L'Andreani fu applaudito poco dopo persino alla Scala, e scrisse dell'aereonauta concittadino Pietro Verri: "Mirare l’ampia mole, pari a vasto palazzo e più capace assai di grandissimo nostro teatro, galleggiare senza ondeggiamenti, era portento da scuotere qualunque cuore".
Di lui si occupò Cesare Cantù, e Giuseppe Parini scrisse ben due sonetti sul portentoso evento.

Ecco il testo del "Per la macchina aerostatica":
Ecco del mondo e meraviglia e gioco,
Farmi grande in un punto e lieve io sento;
E col fumo nel grembo e al piede il foco
Salgo per l'aria e mi confido al vento.

E mentre aprir novo cammino io tento
All'uom cui l'onda e cui la terra è poco,
Fra i ciechi moti e l'ancor dubbio evento
Alto gridando la Natura invoco:

O Madre de le cose! Arbitrio prenda
L'uomo per me di questo aereo regno,
Se ciò fia mai che più beato il renda.

Ma se nocer poi dee, l'audace ingegno
Perda l'opra e i consigli; e fa ch'io splenda
D'una stolta impotenza eterno segno.


Nonostante il successo (fu emessa una moneta commemorativa) e l'interesse da parte della società civile e della comunità scientifica, Andreani non si dedicherà ulteriormente al volo, preferendo le vesti dell'esploratore, spingendosi fino agli Stati Uniti. Ritornerà malato, morendo in forzato esilio (era ormai inviso agli Austriaci) a Nizza, nel 1823. 

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L'Andreani è ricordato nella via che gli è stata dedicata, proprio dietro a ciò che resta del giardino di palazzo Andreani-Sormani (da Francesco Sforza a via Freguglia).
Nella storia dell'aeronautica, Milano annovera anche la prima aviatrice italiana a conseguire un regolare brevetto di volo:  Rosina Ferrario.

Mauro Colombo
giugno 2019
maurocolombomilano@virgilio.it