La chiesa di San
Nazaro (o Nazzaro) alla Pietrasanta sorgeva a pochi passi dal Cordusio, zona
centralissima e cuore cittadino a partire dall’epoca dei Longobardi (la “curia
ducis”, appunto, di uno dei trentasei duchi longobardi ai quali era affidata
l’amministrazione della “Longobardia”).
La via sulla
quale si affacciava prendeva naturalmente il suo nome, ed era quindi detta
“Contrada di San Nazaro Pietrasanta”. Sulla stessa via si affacciava il palazzo
del Carmagnola, di manzoniana memoria.
La Chiesa pare fosse stata edificata nel luogo ove sorgeva la casa dove alloggiarono, per un certo periodo, i santi Nazaro e Celso,
figure care alla tradizione cristiana lombarda. La leggenda narra che quando
Sant’Ambrogio ne ritrovò i corpi martirizzati, li fece seppellire nel luogo di
ritrovamento, dove poi sorse la chiesa di San Celso. Successivamente il corpo
di San Nazaro fu trasferito nella chiesa che prese da allora il suo nome: San
Nazaro, detto maggiore o in brolo (sul corso di porta romana) per essere
distinto dalla chiesa di San Nazaro Pietrasanta, dove appunto invece aveva
dimorato.
Il perché del
“pietrasanta” è da ricercarsi nel fatto che nella chiesetta ora scomparsa era
custodita una pietra ritenuta sacra, perché si diceva vi avesse posato il piede
sant’Ambrogio nello sforzo di montare a cavallo. Si tratta di una pietra
cilindrica, quasi una mezza colonnetta, riattata ad acquasantiera. C’è anche un
“giallo” legato a questa pietra, che venne "prelevata" dalla Confraternita di S.
Agata in S. Nazaro: in un documento del 1579 si ingiunge alla Confraternita di
restituire la pietra santa alla Confraternita di S. Gerolamo, che dall’XI
secolo gestiva la chiesa di S. Nazaro in Pietrasanta.
Il culto di
questa pietra rientrava in un più generale culto delle pietre di
derivazione celtica: questo popolo, che si stabilì nella pianura padana
venerava (oltre alle fonti e a certi alberi) le pietre sopra le quali era
accaduto qualcosa di particolarmente importante. Questo residuo di paganesimo,
pur osteggiato e vietato dalla Chiesa in numerosi concili già dal V secolo
circa, continuò a vivere nelle popolazioni locali. A Milano, si venerava anche
la pietra custodita nella scomparsa chiesetta di San Vittorello, edificata tra
la torre e le mura delle Porta Romana, e la pietra (che sarebbe stata
calpestata addirittura dal Cristo) custodita nella chiesa di San Tomaso in
Terramala.
La chiesa di San Nazaro in pietrasanta è citata da Serviliano Latuada nella sua Descrizione di Milano: egli afferma che vi fosse menzione di un edificio sacro fin dall'XI secolo, chiamato appunto "ad petram sanctam".
L'edificio è rappresentato, all'angolo tra la sua contrada e quella dei meravigli, nella carta topografica del Richini.
Qualche decennio più tardi, la vediamo disegnata sulla mappa di Daniel Stooppendaal, nell’opera di Graevius: Thesaurus antiquitatum et historiarum italie, del 1706.
La sua più antica rappresentazione è tuttavia quella che vediamo nella carta attribuita a Giovan Battista Clarici, ante 1579, anche se qui è indicata come San Matteo Pietra (o Pietra s.). Non ci si lasci trarre in inganno: la chiesa è sicuramente San Nazaro, lo si evince chiaramente dall’ubicazione. E anche il riferimento ad una pietra non può che ben deporre. Probabilmente, essendo la chiesa di San Nazaro stata soppressa da San Carlo Borromeo, può essere che “rivivesse” con altro nome, o anche: il Clarici prese un abbaglio, se anche si considera che di persona non si presentò mai a Milano, e la carta comunque pecca di altre incongruenze non da poco.
L'edificio è rappresentato, all'angolo tra la sua contrada e quella dei meravigli, nella carta topografica del Richini.
Qualche decennio più tardi, la vediamo disegnata sulla mappa di Daniel Stooppendaal, nell’opera di Graevius: Thesaurus antiquitatum et historiarum italie, del 1706.
La sua più antica rappresentazione è tuttavia quella che vediamo nella carta attribuita a Giovan Battista Clarici, ante 1579, anche se qui è indicata come San Matteo Pietra (o Pietra s.). Non ci si lasci trarre in inganno: la chiesa è sicuramente San Nazaro, lo si evince chiaramente dall’ubicazione. E anche il riferimento ad una pietra non può che ben deporre. Probabilmente, essendo la chiesa di San Nazaro stata soppressa da San Carlo Borromeo, può essere che “rivivesse” con altro nome, o anche: il Clarici prese un abbaglio, se anche si considera che di persona non si presentò mai a Milano, e la carta comunque pecca di altre incongruenze non da poco.
Ricostruita tre volte, l'ultimo progetto è da attribuirsi all'architetto Carlo Federico Castiglioni, che vi lavorò nel 1721.
Il Latuada nella sua opera, ci informa infatti che....
Nelle foto qui sotto, vediamo, oltre alla contrada, la chiesa in questa sua ultima veste; lo scatto è di poco antecedente la sua demolizione (1888).
Il Latuada nella sua opera, ci informa infatti che....
Nelle foto qui sotto, vediamo, oltre alla contrada, la chiesa in questa sua ultima veste; lo scatto è di poco antecedente la sua demolizione (1888).
La chiesa di San Nazaro fu infatti abbattuta, assieme ad altre vestigia antichissime della Milano medievale, per costruire il nuovo corso viario, battezzato via Dante, in ossequio al piano regolatore Beruto.
Ecco una delle ultime mappe di Milano in cui ancora si poteva vedere segnalata la chiesetta (la si nota al centro):
Ed ecco la chiesa fotografata durante le demolizioni per l'apertura della via Dante. Tra poco toccherà a lei.....
La pietra santa fu spostata nella chiesa di San Vincenzo in prato, assai distante se vogliamo (zona corso Genova) ma di antichissima fattura. Questa chiesa fu scelta per un semplice motivo: dopo essere sopravvissuta per decenni quale chiesa sconsacrata e riattata a stalla, magazzino, laboratorio, fabbrica di prodotti chimici, finalmente veniva nel 1889 riaperta al culto dopo doveroso restauro. Sulla traslatio della pietra tra le due chiese, dunque, nessun mistero: semplice economia urbanistica e tentativo di salvaguardare (ogni tanto) le memorie cittadine.
Fu così che tutta la contrada della Pietrasanta perse il suo nome: il primo tratto, perché inglobato nella larga e nuova via Dante, e la seconda parte, perché ribattezzata via Rovello.
In san Tomaso in terra mala, in via Broletto, fu invece traslata la Statua della Vergine (1887), dove ancora oggi si trova.
Bibliografia
Latuada S., Descrizione di Milano ornata con molti disegni in rame delle fabbriche più cospicue, che si trovano in questa metropoli..., Tomo Quinto, 1737.
mauro colombo
febbraio 2005
ultima modifica: luglio 2014
maurocolombomilano@virgilio.it
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