Darsena: qui nasce il naviglio di Pavia, al ponte del trofeo. |
Il naviglio pavese (o di Pavia) ha il proprio incile presso la Darsena milanese. Qui, un tempo, esisteva un famoso quanto menzognero monumento di epoca spagnola, detto Trofeo Fuentes (del quale ho parlato qui) che attribuiva i meriti per la costruzione e la navigabilità di questo canale artificiale al governatore di Milano don
Pietro Enriquez de Acevedo conte di Fuentes.
In realtà, quell'amministratore pubblico si era vantato di qualcosa che ebbe termine ben due secoli dopo la sua scomparsa: egli morì nel 1610, e l'opera idraulica fu terminata da Napoleone, con successiva inaugurazione da parte degli Austriaci, nel 1819.
Il Fuentes si era macchiato non solo di ruberie, con aumento dei costi preventivati, ma anche di vera e propria incapacità gestionale ed organizzativa. Il percorso infatti si era arrestato poco dopo Milano, lungo l'attuale via della Chiesa Rossa.
Qui lo scavo per la navigabilità del naviglio, dopo aver superato il Lambro, venne interrotto (o meglio abbandonato, come da tradizione di certe opere pubbliche lasciate a metà, nel nulla, cosa che ancora oggi a volte accade).
Proprio lì era stata predisposta la seconda conca, o chiusa, che fu detta per tale ragione "fallata", cioè "sbagliata", intendendosi come "progettata inutilmente".
Il popolo non digerì infatti di essere stato ulteriormente ed inutilmente spremuto con tasse e balzelli, ma non potè far altro che affibbiare alla seconda conca un nome dispregiativo.
E quando Napoleone sistemò finalmente le cose, il nome della chiusa, e della zona circostante, era ormai talmente entrato nel linguaggio popolare che non venne mai più modificato.
La conca ebbe poi il suo riscatto: attivato il naviglio e permessa la sua navigabilità fino a Pavia, il salto d'acqua qui generato venne sfruttato a partire dal 1840-1850 dallo stabilimento delle Cartiere Ambrogio Binda.
La cartiera, una delle maggiori d'Italia, divenne una vera cittadella popolata da centinaia di operai, con scuola, farmacia, forno
per il pane, spaccio alimentare, medico, levatrice e una chiesa.
Grazie all'imponente salto d'acqua di 5 metri (unitamente a quello non distante creato dal Lambro) l'opificio faceva funzionare i propri macchinari, mentre le materie prime e quelle lavorate trovavano nel naviglio un'ottima via di comunicazione per il loro trasporto.
Per chi volesse spingersi un po' oltre la città, verso Rozzano, ricordo che anche la terza conca del naviglio pavese alimentava un'importante industria, questa volta tessile, la Société Anonyme de Filatures de Schappe (leggi qui).
E come tutte le zone caratterizzate dalla presenza di chiuse (dove i battelli dovevano attendere per superare il dislivello, e dove naturalmente spesso si formavano lunghe file di barconi in attesa del proprio turno per occupare il bacino di conca) anche la Conca Fallata era vivacizzata da osterie e locande, tappe obbligate per cavalcanti e marinai.
Una ancora porta il nome di Trattoria della conca fallata.....
Più verso Pavia, anche la quarta conca del naviglio è una interessante meta, per la presenza della villa Caimi Salterio.
Mauro Colombo
novembre 2015
maurocolombomilano@virgilio.it