Nei primissimi anni Trenta del Novecento l'intera Europa vede nascere i semplici ed economici motocarri, veicoli per il trasporto merci derivati da una motocicletta, con tre ruote, provvisti di cassone o di un vano chiuso (motofurgone) dove caricare merci di vario tipo.
La parte dedicata al carico poteva essere anteriore o posteriore rispetto al telaio motociclistico. Se il cassone anteriore era di costruzione più semplice ed economica rispetto al cassone posteriore, di contro si aveva lo svantaggio della limitatissima capacità di carico, sia per la distribuzione dei pesi sia per oggettivi limiti di visibilità nella guida.
Inizialmente il guidatore sedeva a cavalcioni della moto, con il tempo gli si diede una cabina, ben presto dotata anche di portiere, per ripararsi delle intemperie, e si finì, in certi casi, con il fornire il veicolo di un vero sedile anzichè di un sellino.
Si comprese ben presto quanto il motocarro fosse il veicolo adatto per trasporti leggeri su breve distanza, ideali per le città e i paesi.
In Italia il motocarro si diffonde in fretta e con grande fortuna, tant'è che quasi tutte le case motociclistiche mettono in listino almeno un modello da carico pensato per artigiani e commercianti.
Le strade strette, i centri storici angusti, i cortili con i piccoli portoni tipici dei nostri nuclei abitativi, diventano il pane quotidiano per i motocarri italici.
Ebbe così inizio l'avventura di questo buffo veicolo, chiamato ad affiancare gli italiani nel difficile periodo dell'autarchia prima e della guerra poi. Economico, pratico, infaticabile, un vero compagno di lavoro.
Sembrerebbe che nella nostra penisola il primo motocarro sia stato un MAS del 1924, ma prestissimo tutte le altre case si specializzarono, sfruttando le adatte e parsimoniose cilindrate medie (250 cc, o 500 cc).
Fu l'epoca dei motocarri Guzzi, Benelli, e in ambito milanese, FB Fratelli Boselli, Gilera, Bianchi, Sertum.
Nel difficile dopoguerra, con macerie ovunque, strade dissestate ma tanta voglia di ricominciare, la produzione del veicolo a tre ruote abbracciò, inizialmente causa ristrettezza economiche, le cilindrate minori: nascono i treruote sotto i 50 cc, derivati cioè dai ciclomotori, pertanto spesso denominati (correttamente) ciclocarri o ciclofurgoni.
Sarà poi la fortuna dell'Ape Piaggio, derivata dalla nuova nata, la Vespa. Nasce nel 1948, con un 98 di cilindrata. Ci vorrà qualche anno per vederla con la cabina chiusa.
A Milano, si diffonde in casa Innocenti il motofurgone su base Lambretta, che poi si evolverà nel Lambro 550.
E ancora FB, Doniselli, Motom, Empolini, DEMM, ISO, ecc
La motorizzazione di massa degli anni Sessanta porterà sulle strade i furgoni in maniera molto più massiccia di quanti non ne circolassero prima. La loro diffusione porterà ad una contrazione delle vendite dei motocarri anche piccoli. Migliore capacità di carico, con aumento della cilindrata, velocità, sicurezza, queste le caratteristiche che i moderni furgoni potevano vantare, rispetto ai motocarri un po' instabili.
Solo l'Ape Piaggio riuscirà a sopravvivere, ed ancora oggi la si può incontrare quasi dappertutto, sebbene in misura inferiore ad un tempo.
Per l'elenco dei marchi motociclistici milanesi, vai all'apposito articolo.
Per l'elenco dei marchi motociclistici milanesi, vai all'apposito articolo.
Mauro Colombo
febbraio 2020
maurocolombomilano@virgilio.it
Bibliografia
Mario Colombo, Motocarro, fenomeno italiano, Motociclismo d'Epoca, fascicolo n. 1/1997
Nunzia Manicardi, Motocarri d'epoca,