Piazzale Baracca è oggi un crocevia alquanto trafficato, posto sulla direttrice corso Magenta-corso Vercelli. Qui sorgeva porta Vercellina (poi ribattezzata Magenta, dopo la storica battaglia), che si apriva lungo la cinta dei bastioni spagnoli.
La porta, così come la vedevano i nostri nonni o bisnonni, era però frutto di un rimaneggiamento ad opera del Canonica (1805), che mise mano all'originale del XVI secolo dietro impulso di Napoleone.
A metà ottocento lo slargo era privo di nome, ma non per questo aveva scarsa importanza, anzi! Era molto popolato durante il giorno per via dei caselli daziari: dalla città (lungo il borgo delle Grazie, oggi corso Magenta) si usciva imboccando lo stradone postale per Novara (oggi corso Vercelli). E facendo il percorso inverso, le merci qui pagavano il dazio d'entrata.
Quando nel 1873 alla città fu annesso il territorio fuori dai bastioni (clicca qui per approfondire sull'annessione dei Corpi Santi), il dazio e la porta persero di funzionalità, e per questo vennero presto abbattuti assieme ai bastioni. Così, dal 1897 circa, il vasto spiazzo (ormai detto "di Porta Magenta") si liberò, e fu subito oggetto di lottizzazione edilizia: si aprirono in fretta numerosi cantieri per costruire, nell'arco di un paio di decenni, molti palazzi medio borghesi, quasi tutti ancora oggi presenti. Venne edificato anche il misterioso villino di cui si parla qui.
Il Monumento a Baracca e la dedica della piazza
Nel giugno 1918, poco prima che terminasse la Grande Guerra, moriva durante una battaglia aerea l'asso dell'aviazione italiana, Francesco Baracca (1888-1918). Il pilota fu ucciso probabilmente da un colpo di fucile sparato da terra, mentre sorvolava le trincee austro-ungariche in zona Montello, ma non c'è certezza assoluta in quanto all'epoca un biplano austro-ungarico sostenne di averlo abbattuto.
I suoi funerali si svolsero il 26 giugno a Quinto di Treviso, alla presenza
di autorità civili e militari, e l'elogio funebre venne pronunciato da Gabriele D'Annunzio.
Celebre è l'aneddoto dell'emblema portafortuna che il pilota aveva dipinto sulla carlinga del proprio velivolo: un cavallino nero rampante. Emblema che la madre del pilota affidò pochi anni dopo la tragica morte del figlio a Enzo Ferrari, il quale, dopo averlo modificato nella posizione della coda e nel colore dello sfondo, lo appose sulle vetture che conduceva quale pilota per la scuderia da corsa dell'Alfa Romeo e, più tardi, sulle vetture della ditta che Ferrari fondò dopo la seconda guerra mondiale: ancora oggi è il simbolo dell'omonima casa automobilistica.
Il mito di Francesco Baracca venne, negli anni venti e soprattutto trenta, perpetuato in molte città italiane: tanti comuni fecero erigere monumenti, e molte vie e piazze furono a lui dedicate.
Anche Milano non fu da meno: lo spiazzo di Porta Magenta venne intitolato all'aviatore, mentre nei giardinetti venne posizionato il monumento che ancora oggi possiamo ammirare.
Opera dello scultore Silvio Monfrini (con piedistallo dell'architetto Ulisse Stacchini), il monumento fu inaugurato il 27 settembre 1931 da Italo Balbo, allora Ministro dell'Aviazione.
Foto e cronache giornalistiche ci raccontano di una grande cerimonia: folla di cittadini, schieramento della milizia fascista, sfilate di balilla.
Oggi, attraverso le fronde degli alberi, Francesco Baracca se ne sta un po' nascosto, mentre il suo sguardo fissa il traffico caotico del piazzale, i tram che sferragliando passano di continuo, gli autobus che qui fanno anche capolinea. Chissà, magari rimpiange il rumore del suo Spad e della sua mitragliatrice.
Il Monumento viene scoperto (1931) |
Benedizione del Monumento (1931) |
A questo link un breve video girato dall'istituto Luce il giorno dell'inaugurazione del Monumento: Video Luce
Per approfondire su Francesco Baracca, è possibile consultare il sito del Museo a lui dedicato.
Mauro Colombo
gennaio 2016 - Tutti i diritti riservati
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